
Può essere curato solo colui che desidera essere curato. Sesto classificato nella 106° Edizione di Minuti Contati con Piero Schiavo Campo come guest star, un racconto di Eugene Fitzherbert.
«Lei è il signor Padmar, giusto? Prego si accomodi.»
Il dottor Harnoi aspettò che il suo ultimo cliente della giornata prendesse posto. Era strano che Henrietta non l’avesse avvertito. Bah, poco male.
«Signor Padmar, sa cos’è la chirurgia olistica?»
L’uomo dall’altra parte della scrivania annuì, in attesa.
«È una tecnica che cura lo spirito, non la carne. Io opero l’anima, ne chiudo le ferite e non la faccio sanguinare più. Capisce?»
«Sì, è la stessa cosa che c’era scritta nell’opuscolo.»
«Le dirò di più: l’emorragia spirituale disperde prana e debilita l’anima. Per questo talvolta ci si sente inspiegabilmente depressi.»
«E lei può aggiustare queste cose?»
«Sono l’unico in grado di farlo. Non c’è nessuna medicina efficace quanto il mio metodo. Mi basta forzare l’apertura di una speciale porta di servizio dei chakra e, una volta in comunicazione con la sua anima, la aggiusto. È una chirurgia della felicità!»
«Sembra facile. Ma è sicuro?»
«Beh, è solo un collegamento spirituale, non c’è nessun problema per il paziente. Al massimo potrebbe sentire un po’ di prurito dietro il palato. Allora? Vogliamo iniziare?»
Padmar si accomodò supino sul lettino, mentre il dottor Harnoi si sfregava le mani con olio essenziale all’odore di menta.
«Si sbottoni la camicia, per piacere»
Harnoi poggiò la mano destra sul torace, poco sopra il capezzolo sinistro e l’altra sulla pancia a destra dell’ombelico. Chiuse gli occhi e attese il collegamento con il paziente.
Non riusciva a trovare la giusta concentrazione, perché c’era qualcosa che lo tormentava: perché Henrietta non aveva avvertito che andava via? Di solito lo faceva prima che iniziasse l’ultimo trattamento, per non disturbarlo…
Scosse la testa per rimettere in ordine i pensieri e ritornò al paziente. Padmar lo guardava docilmente, in attesa che lui facesse qualcosa. Gli sorrise per rassicurarlo e poi richiuse gli occhi.
Iniziò ad avvertire sotto le mani lo scorrere dell’energia dell’uomo, tumultuosa, piena di sussulti, caotica e blu come il mare profondo dell’oceano. Quell’uomo aveva bisogno di un trattamento! Da quello che percepiva, la sua anima era lacerata, tormentata e ferita in tantissimi punti. Era torturata.
Lasciò scorre le mani sul corpo, mentre cercava l’accesso alla porta di servizio, quella segreta. Dalle ferite che si portava dietro, probabilmente Padmar era reduce da una storia d’amore finita molto male.
«Ha passato un brutto periodo, signor Padmar? Da quel che sento, ha sofferto molto…»
In quel momento le sue mani trovarono la Porta: piccola, come sempre, nascosta tra le spire di prana gorgogliante, quasi invisibile. Era il chakra dei chakra, quello che non aveva altra funzione se non garantire l’accesso olistico al sistema.
«Ho avuto dei problemi con la mia ragazza…» stava dicendo Padmar, ma Harnoi non lo sentiva quasi per niente.
Si tuffò in quella porticina e con un click spirituale entrò dentro Padmar.
Fu come immergere le mani in un mare di acido bollente, afferrare un pallone in fiamme, indossare dei guanti di filo spinato. Il dolore, più mentale che fisico, lo assalì inaspettato, mentre le immagini dell’anima di Padmar, quella vera, lo invadevano inevitabili. Erano rappresentazioni nere di pura malvagità, dove compariva in più riprese la figura di una donna urlante.
«Vede dottore, la mia ragazza è venuta qui qualche giorno fa e lei le ha messo le mani addosso…»
Da lontano, Padmar continuava a raccontargli pezzi della sua vita. Ma Harnoi aveva in mente solo le visioni di carni martoriate e lacerate, bagnate di lacrime e sangue. La sua faccia era accartocciata in un urlo inespresso, bloccato in gola come un bolo amaro.
«Per questo ho deciso di farle visita.»
La donna nelle visioni si dissolse in una nebbia rossa ed emerse la figura di Padmar trasfigurato in una maschera di odio, dagli occhi di serpente e le zanne di lupo, le fauci insanguinate. La sua follia montante era una fame non ancora placata.
Con uno sforzo, Harnoi si staccò dal corpo, guardandosi le mani, convinto di trovarle ustionate e grondanti liquami acidi.
«Chi cazzo sei?» Il dottore aveva le lacrime agli occhi, mentre indietreggiava dal suo paziente, disgustato da quello che aveva sentito.
Padmar balzò giù dal lettino e dalla tasca dei pantaloni tirò fuori un coltello a serramanico sporco di sangue. «Chi sono? Speravo che me lo dicesse lei, dottore. O forse ha più confidenza con la mia ragazza?»
«Non so di che parli. Io…» Harnoi si avvicinò all’interfono e cominciò a premere forsennatamente il pulsante, chiamando Henrietta.
Padmar si lanciò su di lui, lo afferrò per la testa, rivoltandogliela all’indietro. «Hai toccato la mia ragazza, stronzo. E la cosa non mi piace. Lei ha già pagato. Ma il lavoro non è finito, non credi?» Il gesto netto che seguì spense le urla del dottore, soffocate in un gorgogliante fiotto di sangue. «Questa è la vera chirurgia della felicità!»
E così dicendo, Padmar se andò tranquillo, scavalcando con un balzo il cadavere di Henrietta nella sala d’aspetto insanguinata.