
Se il Sole decide di morire e gli umani non sono pronti, che si fa? Alberto Priora prova a rispondere a questo arduo quesito e lo fa arricchendo il racconto con le sue solite, mirabolanti, idee.
La fila era ancora lunga, ma tutti stavano tenendo ordinatamente il loro posto, come se non ci fosse alcuna fretta o se non avessero davvero l’intenzione di andarsene. Ma forse i bot, pronti a fulminare chiunque avesse cercato di attraversare il portale prima del proprio turno, erano un deterrente efficace.
Davide alzò una mano per schermare gli occhi dalla ribollente luce del Sole e chiese al suo vicino.
«Sai quanto tempo ci metteranno?»
L’altro, un trentenne dalla carnagione scura e con i capelli ricci e corti, alzò le spalle.
«Le onde di calore dopo l’esplosione? Credo poche ore.»
«Allora noi faremo in tempo a vedere il Sole che esplode, perché la luce ci mette poco più di otto minuti a coprire la distanza fino a noi.»
«Un gran bel segnale per dirci che è ora di sparire da qui.»
«Già» l’aria era calda e soffocante. Da mesi il Sole impazzito aveva tempestato il pianeta, un’anticipazione ridicola di quello che sarebbe accaduto di lì a poco. Era un padre crudele che stava per divorare tutti i suoi figli. «A proposito, io sono Davide.»
Si strinsero la mano.
«Yussef. Magari non è il caso di dire che è un piacere, ma lo dico lo stesso. Tanto, cosa cambia?»
Davide fissò il quadrante della bussola temporale incastonata nella parte anteriore del suo zaino di sopravvivenza. I numeri digitali che scorrevano non avevano molto senso per lui, ma il portale li avrebbe agganciati al momento di spedirlo nel passato per fare in modo da consegnarcelo tutto intero, senza farlo finire dentro qualche roccia o a venti metri di altezza dal suolo.
La fila avanzava stancamente, ma l’arco nero del portale di partenza distava ormai solo qualche centinaio di metri. Li avrebbe inghiottiti uno a uno e scagliati all’indietro, meno a caso possibile, ma pur sempre senza precisione. E in quello stesso momento, nell’ultimo giorno di vita della Terra, migliaia di portali uguali a quello stavano fagocitando quello che rimaneva dell’umanità dopo settimane di fuoco e di fiamme, di mari e fiumi trasformati in nebbie, di città già rese cenere e di corpi abbandonati a seccare.
«Cosa facevi prima che lo stronzo decidesse di morire in anticipo di miliardi di anni?»
Yussef rise.
«Facevo il poliziotto.»
Davide scosse la testa e rise ancora più forte, tanto che l’altro lo guardò. Gli altri gli ignorarono, ma erano anche nella parte terminale della fila.
«Perché, tu cosa facevi?»
«Il ladro.»
«Mi stai prendendo per il culo.»
Davide si passò la mano sulla fronte. Gocce di sudore colarono ovunque.
«No, credimi.»
La fila avanzava spedita, ma si fermò quando il cielo diventò all’improvviso più luminoso. Tutti sollevarono la testa e guardarono, da dietro le lenti protettive che portavano, la sfera bruciare ancora di più e iniziare a espandersi.
«Eccoci. Come avevano detto, questo è l’ultimo giorno. Abbiamo giusto il tempo di andarcene, anche se non sappiamo esattamente dove.»
«A cercare di salvare il pianeta. Tutti noi sopravvissuti saremo lanciati all’indietro nella storia; chi riuscirà a farcela dovrà impegnarsi a fare qualcosa, a modificare la storia, ad anticipare la scienza trovando un modo per impedire che il Sole diventi instabile, o a far costruire delle astronavi per andarcene in qualche altro sistema.»
Davide sentiva l’aria bollire sempre di più. Entro breve le onde di espansione avrebbero disperso l’atmosfera nello spazio e fatto evaporare gli oceani. Non sarebbe rimasto nulla.
Ma ormai il portale era davanti a loro.
Sotto lo sguardo vigile dei bot, che si sarebbero fusi tra poche ore, uno alla volta gli umani varcavano una soglia senza ritorno, paracadutisti gettati a caso dal crepuscolo.
Yussef strinse le cinghie del suo zaino. Toccava a loro.
«Buona fortuna» disse a Davide «Magari ci rivediamo tra i romani.»
Davide avanzò passo dopo passo. La fila che spariva nel portale fatto di buio liquido era sempre più breve.
«Buona fortuna, amico» Yussef si fermò per un attimo, come assaporando l’ultimo istante caldo sulla Terra.
Arrivarono al portale e si lanciarono nel vuoto della speranza.