
Storie di ordinaria stregoneria. Un racconto di Diego Ducoli.
Vivian si sdraiò nel grande letto a baldacchino. Gorion, il suo compagno, russava su un fianco.
La giornata appena trascorsa era stata spossante, essere la strega di corte era un incarico importante e fitto di impegni.
Si spogliò della tunica e si coricò, chiuse gli occhi e si abbandonò al dolce oblio.
Un urlo lacerò la notte, scacciando il sonno appena giunto.
«Il famiglio» imprecò sottovoce.
«Tocca a te» gli ordinò l’uomo senza nemmeno alzare la testa dal cuscino.
«C’eri anche tu quando l’abbiamo fatto. Ogni tanto dovresti prendertene cura» ribattè.
«Certo certo. Domani» replicò girandosi su un fianco e rilasciando del gas letale dalle natiche.
La strega si alzò disgustata facendo più rumore possibile. Una piccola, inutile vendetta nei confronti del compagno.
Gli strepiti riecheggiavano nel corridoio di pietra, gli si piantarono nella testa come una lama infuocata.
Entrò nel laboratorio e si mise all’opera.
Schioccò le dita e il fuoco prese a scoppiettare nel camino. Riempì d’acqua di Shangri-La il paiolo, frugò in giro in cerca della fiala di “Sangue di vergine”. Non era facile trovare quell’ingrediente, l’ultima era di “Quasi vergine” e l’aveva pagata uno sproposito.
Mischiò il tutto mantenendo costante la temperatura, vi unì del latte di mucca polverizzato e mescolò con cura.
Prese il paiolo e si precipitò nella stanza del demonietto. Le urla si placarono all’istante.
Due occhi baluginavano voraci, il corpo ferino era mimetizzato nelle tenebre .
La creatura gli fu addosso in un lampo, facendo ruzzolare a terra il prezioso intruglio, ma per nulla scoraggiata si mise a leccare avidamente il pavimento.
Il demone alzò gli occhi soddisfatto ed emise un verso lamentoso.
«Ho capito, ho capito» disse la donna «vieni.»
La creatura balzò in grembo alla donna e si arrampicò con le piccole dita artigliate fino al volto di lei.
Per un istante si fissarono. Vivian rimase stupita nel notare che le iridi avevano assunto lo stesso colore delle sue, ma in fondo avevano usato il suo sangue durante il rito.
Abbracciò il mostriciattolo e lo cullò dandogli delle piccole pacche sulla schiena ossuta.
Venne ricompensata con un rutto e un rigurgito maleodorante che gli colò lungo la vestaglia.
«Bene» disse disgustata «ora torna a dormire.»
La creatura non voleva lasciarla. Si aggrappò con forza e delle fusa leggere gli emersero dalla gola.
Vivian si fece intenerire, in fondo era pur sempre un cucciolo.
Lo portò con se nella sua stanza.
«Prima o poi la smetterai di mangiare questi intrugli, ma di cosa avrai bisogno dopo?» bofonchiò tra uno sbadiglio e l’altro.
Accoccolò la creatura nel letto sperando che Gorion non si accorgesse di nulla.
«Stai buono. Mi cambio e arrivo.»
Il demone si stiracchiò sornione e chiuse gli occhi.
Vivian aprì la porta del piccolo bagno e udì delle urla provenire dalla camera da letto, non fece in tempo a voltarsi che vennero sostituite da un vorace rumore di masticazione.
Alzò le spalle, era cominciato lo svezzamento.
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