Il Salto

Promesse disattese, amori che divengono veleno, fino alla tragedia. Selezionato durante la Novantanovesima Edizione di Minuti Contati con Franco Forte come guest star, un racconto di Dand Elion.

 
Il Salto
 
«Non glielo dirai. Se anche glielo dicessi, negherei.»
 
Era steso, sul mio letto, in dosso i pantaloni slacciati, non come la blusa, dimenticata in cucina. Il gilet a terra, strappato dall’irruenza.
Lo guardavo negli occhi.
 
Nuda. Cavalcioni sul suo corpo lo stavo fissando, trapassandolo, cercando di inchiodarlo, col peso del mio.
La gioia di averlo rivisto, attesa infinita, aveva ceduto fulminea il posto a un profondo astio.
 
«..Io DEVO lasciarti, vedi, non sono libero come ti ho detto, una fidanzata ce l’ho ed è..»
 
«Non dire quel nome ti prego, non dirmelo. Tutti lo sanno, ma tu mi hai giurato che non eri come gli altri e io non voglio crederci. Non voglio credere che anche TU mi abbia mentito.»
 
Hai detto il nome dell’unica amica che ho.
Troppo, anche per una come me.
 
Che coraggio! Che faccia tosta!
 
Le sinapsi sono corse velocissime e il messaggio ancestrale del cervello è stato inarrestabile.
 
Ti ho colpito, con una gragnola di schiaffi a cui è seguita una pioggia di sputi, mentre -un solo gesto- mi allontanavo dal tuo corpo.
Il mio cuore però non se n’è andato.
 
«Sparisci! Vattene! Esci subito da casa mia!»
 
Ho fatto l’errore di concederti il tempo di rivestirti.
Lo sbaglio di guardarti farlo.
La mancanza di spogliarti di nuovo e di cercare riparo nel tuo corpo enorme.
Non ho avuto quella volta il coraggio di perderti.
 
Però il coraggio di dirle tutto l’ho avuto. Come sei sembrato misero nel negare di fronte all’evidenza della tua stessa voce e delle lettere, montagna di parole prive del loro significato originale.
 
Hai mantenuto fede alla tua parola: hai negato tutto.
 
E che coraggio ha avuto lei! Di lanciare a me un incantesimo di morte, pensando che non fossi abbastanza da potermi difendere.
A mandarmi i suoi famigli, a tormentarmi: ho la colpa di essere viva.
 
Ma senza te che vita è?
 
C’è un solo coraggio che ci è mancato.
Il coraggio di essere sinceri, di dirci subito come stavano le cose, di trovare una risoluzione onesta.
O forse avrei dovuto saltare da quella rupe, quella sera che la luna era grande e io non sapevo ancora che avresti negato tutto.
 
Però ho il coraggio di un per sempre, lasciando questa memoria di come un Amore, sporcato da una menzogna, possa avere il coraggio di morire per non imputridire.
 
Dormi nel mio letto il tuo ultimo sonno, beato: il veleno sta facendo effetto.
Nessun incantesimo dei miei può spezzare la sua arte e non posso fare altro che uccidere il tuo corpo, per sottrarti al suo dominio.
Non posso andarmene serena, lasciandoti con lei.
 
Un giorno qualcuno scriverà di noi, Reggio sarà Verona, la mia rupe sarà un balcone, ma non avrà il coraggio di dire che una strega nera ha indotto una misera erborista a uccidersi insieme al suo Amore.
Ti bacio assaporando le tue labbra viola.
Adesso ce l’ho il coraggio.
 
Salto.
Il volo mi è lieve.
Un tonfo.
Mi adagio, una bambola rotta nella pozza calda del suo sangue.
 
O si cammina fianco a fianco o niente cosa c’è di più coraggioso di rispettare una promessa?