
“Il topo mannaro esiste.” Parlo piano, perché se sveglio gli altri bambini suora Gaia mi sgrida.
Seduta sul suo letto, Marta giocherella con l’incisivo da latte. Soffia, e il dentino spunta in avanti. “Tu guardi troppa tv, Andrea.” Inspira, e il dentino torna indietro.
“Ma che c’entra?” Incrocio le braccia. Ho due anni più di lei, ma non mi ascolta mai. “Io l’ho visto, era grande così.” Allargo le braccia più che posso. “Almeno due metri. E parlava pure. Diceva qualcosa, come… formaggio.”
Da destra giunge una risatina. Avvolto nel lenzuolo come un fantasma, Fabio mi guarda con gli occhioni celesti. “A me piace il formaggio.”
“Anche a me.” Annuisco. “Quindi dobbiamo fermare il topo mannaro, o se lo mangia tutto. Fortuna che so chi è.”
Fabio sgrana gli occhioni . “Davvero?”
“Certo.” Mi batto un dito sulla tempia come i poliziotti in tv. “È il bidello. Avete sentito quanto puzza? Proprio come il formaggio.”
“Ma l’altro giorno mi ha dato una caramella…”
“E tu l’hai presa?” Scuoto la testa. “È la sua startegi… strageti… è il suo piano! Ti fa i regali, poi la notte diventa un topaccio, si avvicina al tuo letto, e…” allargo le braccia, “gnam!”
Fabio nasconde la testa sotto il lenzuolo e piagnucola impaurito.
Ma perché se la fa sempre sotto? Fino all’anno scorso in quel letto c’era Giorgio, e lui mi seguiva sempre. Io ero Batman, e lui Robin. Poi però Giorgio l’hanno adottato…
Marta mi lancia un’occhiataccia. “Guarda, lo fai piangere.” Raggiunge Fabio e lo scopre. “Andrea è uno scemo, non lo ascoltare. Non c’è nessun topo mannaro.”
Stringo il pugno. “Invece c’è, e ve lo dimostro!”
“E come?” mugola Fabio.
“Facile.” Scendo dal letto e avanzo verso la porta del dormitorio. “Andiamo in esplorazione, e lo catturiamo!”
Non mi volto. Tanto lo so che mi seguono.
–
Dalla porta socchiusa della dispensa esce un fascio di luce.
“Lo sapevo io,” bisbiglio.
“Sapevi cosa?” sibila Marta. “Sono ooore che giriamo, e non abbiamo visto neanche un topino.”
“E io ho fame.” Sussurra Fabio, che ci segue stringendosi nel lenzuolo. Ma doveva proprio portarselo dietro?
“Sapete solo rompere.” Mi volto e raggiungo la porta socchiusa. Nella dispensa ci sono due persone… eccolo, il bidello puzzone! Ma perché parla con suora Gaia? È un mostro anche lei? In effetti ha sempre lo sguardo cattivo…
Il bidello sembra arrabbiato. “Succede ogni sabato, da almeno sei mesi. Guardi qui.” Solleva un grosso pezzo di parmigiano, solcato da lunghe dentate.
Un brivido mi risale lungo la schiena. È stato il topo mannaro… e oggi è sabato.
“Allora è vero che gli piace il formaggio,” sibila qualcuno al mio orecchio.
Per poco non caccio un urlo. È Fabio, che deve essermi strisciato accanto.
Dietro di lui, Marta stringe le palpebre. “Quindi non è il bidello?”
“Shh!” Intimo. “Se suora Gaia ci scopre, ci mette in punizione. E allora niente parco, niente giochi, e niente formaggio!”
Fabio sporge il labbro. “Io non la voglio la punizione.”
Marta mi tira un pugnetto. “Perché gli fai sempre paura? Sei proprio cattivo.” Si gira verso Fabio e lo abbraccia. “Ora ce ne andiamo.”
Lui tira su col naso e annuisce, ma gli occhioni sono lucidi.
Uffa, forse ho esagerato… alla fine ha solo cinque anni, e qui ce l’ho portato io. “Ok, torniamo a letto. Se non è il bidello, ci serve una nuova star… strag… un nuovo piano.”
Uno schiocco nella dispensa mi fa sobbalzare. Il bidello tiene sollevato un aggeggio con denti di metallo. Una trappola. “Vede? Funziona!”
Suora Gaia si torce le mani. “E i bambini?”
“Non si preoccupi. Chiuderò la dispensa, e domattina il ratto gigante sarà…” Si passa un dito sul collo, come i cattivi dei cartoni.
“D’accordo. Un topo di quelle dimensioni va eliminato.” Suora Gaia annuisce e viene verso la porta.
Cavoli, arriva. “Andiamo!”
Marta non si muove. Ha gli occhi spalancati, e Fabio… dov’è finito Fabio? Al suo posto è rimasto solo il lenzuolo.
Faccio un passo indietro, il cuore mi batte nelle tempie come un martello. “L’ha preso il topo mannaro?”
Marta scuote la testa e indica il lenzuolo con un dito tremante. Qualcosa si muove in mezzo alla stoffa, qualcosa di grande, con quattro zampe, una pelliccia bianca, e…
E occhioni azzurri, intrisi di terrore. Come quelli di Fabio.
Fabio, che è arrivato all’orfanotrofio pochi mesi fa. Fabio, che ama il formaggio.
Fabio, che è il topo mannaro.
Passi rapidi si avvicinano alla porta. Ora suora Gaia ci trova, e vede Fabio, e…
Afferro il lenzuolo e corro lungo il corridoio buio. Schiacciato contro il mio petto, il topo mannaro respira affannato.
–
Acciambellato in mezzo alle coperte, Fabio dorme con il muso bianco appoggiato sulle zampe.
Marta mi tira la manica del pigiama. “E adesso? Hai sentito suora Gaia, ha detto che…” tira su col naso, “che va eliminato.”
“No,” sussurro. Fabio mugola una parola, forse… formaggio?
Marta si tormenta il dentino “Cosa facciamo?”
“La nostra…” prendo un respiro, “strategia è facile. Lo nascondiamo, gli portiamo il formaggio, e se ce lo chiedono…” sposto lo sguardo sul topo albino che dorme beato, “il topo mannaro non esiste.”
(Copertina generata con chatGPT)