
Quella notte mi si avvicinò un ragazzo che non avevo mai visto. Aveva una ferita nel torace e un occhio solo.
«Dobbiamo approfittare della tempesta» disse stringendomi il braccio «le guardie in questo momento, distratte dalla pioggia, hanno mollato la presa giù all’ingresso.»
Mi colpì il suo candore e la proposta era così allettante che, senza pensarci due volte, avevamo già superato l’uscita.
Era severamente vietato lasciare il sottosuolo in quanto correva voce che la luce del giorno ci avrebbe fatto sparire nel nulla. Vero o no, ero stufo di calpestare ogni giorno gli stessi sassi sognando il mondo che andava sbiadendo nei miei ricordi, preferivo quindi rischiare.
Fuori camminavamo rasentando i muri, la pioggia sembrava non dovesse finire mai, ma era lo stesso una gioia ritrovarsi tra le vie conosciute. Dopo qualche miglia apparvero le vigne. Le piante sembravano morte. Il tempo della vendemmia doveva essersi concluso da un pezzo e il vino trovarsi nelle cantine. Mi accorsi però che il ragazzo non mi era più accanto. Strano, non lo avevo visto allontanarsi. Poco lontano ricordai che c’era una capanna diroccata, forse era sgusciato la per ripararsi.
Vi trovai, invece, una donna. Non feci in tempo a chiedermi chi fosse che mi invitò ad avvicinarmi.
«Anche tu sei?»
«No, ma riesco a sentirvi. Mi chiamano “la medium” non per niente.»
La sua franchezza mi infuse coraggio e le chiesi se non avesse visto un ragazzo. Senza rispondermi mi fece posto accanto e mostrandomi il suo orologio disse che avevo ancora tempo.
In effetti le lancette segnavano solo le tre, potevo stare tranquillo, così iniziammo a parlare. Era una donna di un’intelligenza acuta, come piace a me. Mi confidò che il ragazzo dall’occhio solo era suo figlio.
«E’ caduto da un impalcatura in un cantiere di lavoro. L’impresario aveva speso il meno possibile per le necessarie misure di sicurezza. Tanto la vita degli operai non era la sua. Con i soldi si comprò anche l’assoluzione. Ugo Nesta. Non dimenticherò mai il suo nome.»
La guardavo incredulo, e andavo ricordando ogni cosa. La donna aveva ragione, con il denaro avevo corrotto anche il magistrato. Non avevo valori e, per il gusto di arricchirmi, calpestavo ogni cosa. Com’ero inconsapevole, perché me ne rendevo conto solo in quel momento?
«A proposito, l’impresario è morto. Ho saputo che ha avuto un infarto. La morte arriva per tutti senza fare distinzioni. Intanto sua moglie se la fa già con un altro. L’uomo si è stabilito nella villa e si gode i soldi dell’infame.»
Non sapevo se quello che andava raccontando fosse vero, ma il dubbio mi feriva lo stesso.
«Mi spiace per tuo figlio, quell’uomo capirà prima o poi il torto commesso.»
«Chiunque commette errori. Ho sbagliato anch’io poco fa, mi ero dimenticata che ho l’orologio fermo. Il cellulare segna già le sei.»
Spaventato balzai in piedi guardando verso l’uscita. Tra la pioggia vidi la prima luce dell’alba.
Anche lei si alzò e sorridendo sprezzante disse:
«Mio figlio non è morto. E’ in coma, ma da anni ha imparato a viaggiare tra la vita e la morte. In questo modo siamo sempre in contatto, lui si muove guidato dai miei pensieri.»
Detto questo scivolò fuori dalla capanna abbandonandomi al mio destino, la notte intanto sbiadiva nella pioggia.