
Quando il coraggio è fine a se stesso e quando invece è affermazione del proprio io contro le norme che ci circondano. Finalista nella Novantavovesima Edizione di Minuti Contati con Franco Forte come guest star, un racconto di Eleonora Rossetti.
Alex osserva la fila disordinata di ragazzini, più o meno coetanei, seduti sul muretto. Sono lì per valutarlo. L’idea di quella prova non gli piace. Ma deve. Per essere dalla parte giusta del mondo, quella che non appartiene agli sfigati.
L’atmosfera è elettrica, l’attesa scotta. Alex fissa i binari, che spariscono poco oltre la collinetta, e sbircia l’orologio: quattro minuti ancora. Con una mano stringe il cellulare, pronto sull’opzione “selfie”.
«Lascia stare.» Nico gli strattona la giacca. Nico, l’eterno amico e fifone. Che può saperne, lui, di prove? Tutto troppo facile, quando si è il fratello minore di Sergio, il capobranco.
«La pianti?»
«Almeno cambiamo posto. Qui non si vede niente, e arriva sempre troppo in fretta. Ci sono morti in tanti. Ed è quasi buio…»
Alex inarca un sopracciglio. «Hai paura dei fantasmi?»
«No» sussurra Nico, e arrossisce. Tredici anni e non sentirli. Come ha fatto a garantirsi il rispetto degli altri?
«Basta non pensarci! I fantasmi esistono soltanto se ti ricordi di loro.» È una balla che gli propina dall’infanzia e si stupisce che Nico ci creda ancora.
«Ehi.» La voce di Sergio li riscuote e desta tutti gli altri dal letargo. «Sta arrivando.»
Dieci paia d’occhi guizzano verso la collinetta. Il vento increspa l’erba incolta e porta alle loro orecchie lo sferragliare delle ruote. Alex si posiziona, un piede su ciascun binario, il cellulare teso, a inquadrare il suo volto e gran parte della tratta alle sue spalle. L’imbrunire rende tutto uniforme; lui si prepara a scorgere la luce dei fari.
«Alex…»
La voce di Nico evapora nel vento. Il convoglio è vicino, sente il suo incedere vibrante sotto le scarpe. I muscoli si tendono, il dito sul pulsante freme. Sta arrivando, sta…
Il treno gli si avventa contro come un serpente dalla tana.
Alex rotola tra i cespugli. I vagoni proseguono oltre, con gran strepito. Ce l’ha fatta! Caccia un urlo di vittoria e si gira verso il muretto per ricevere i complimenti del gruppo.
C’è soltanto Nico, muto e col capo chino, seduto sul gradino di cemento. Gli altri, spariti.
Alex si alza in piedi, perplesso. Osserva ciò che Nico regge tra le mani. Il suo cellulare. Eppure ce l’aveva lui un attimo fa, aveva scattato la foto, udito il clic. E gli altri… Gli altri…
Nico sta singhiozzando. Alex cerca di chiamarlo, ma non trova la voce; è come se l’aria gli passasse attraverso. Tutto sembra diverso. Il luogo. Il tempo. Se stesso. Tutto è più lento, distante, polveroso. E ha paura.
Tra le lacrime, Nico armeggia con Facebook e carica qualcosa sulla sua bacheca. Una foto. Il selfie maledetto.
Hashtag #laverità.
La stessa che Alex comprende, e che lo pietrifica.
«Continuo a pensarci, Alex» sussurra Nico. «Non ce la faccio più. Sergio mi ha ordinato di non dire nulla a nessuno, ma ho più paura dei fantasmi che di lui. Avevi ragione tu. Sono un codardo.»
Alex lo abbraccia con mani ormai immateriali, mentre il bip del Caricamento completato si perde nel richiamo del treno sempre più lontano.