
[:it]La porta dell’ufficio si aprì all’improvviso e una folata di vento polverosa irruppe nella stanza.
«Non usa più bussare?» sbottò lo sceriffo sorpreso. Aveva messo mano alla pistola, pronto a far fuoco, ma si tranquillizzò quando riconobbe il giudice Douglas.
«Sono qui per vedere il prigioniero».
Lo sceriffo si alzò e prese le chiavi. «Non dovevate scomodarvi per una feccia simile. Detto tra noi, un vecchio come ‘cane pazzo’ Jackson non vale la corda con cui sarà impiccato».
«Ogni uomo ha diritto a un giusto processo» replicò Douglas impaziente.
Lo sceriffo, stupito da quella frase, guardò il giudice: aveva poco più di trent’anni, ma si era già fatto la fama di magistrato inflessibile; d’altra parte chi doveva amministrare da solo la legge su un territorio più grande di molti stati doveva essere spietato.
«Allora? Cosa aspetta?»
Lo sceriffo si scosse, aprì la porta ed entrò nel corridoio semibuio. Si fermò di fronte a una delle celle e disse ridendo: «Ecco, giudice, le presento ‘cane pazzo’ Jackson. Questo bastardo non ha coscienza: anche la notte prima d’essere impiccato dorme il sonno del giusto».
Quindi svegliò il vecchio percuotendolo con il calcio del fucile attraverso le sbarre.
Jackson si svegliò di soprassalto e si alzò sul pagliericcio come un cane rabbioso, pronto a reagire. Avrebbe volentieri azzannato al collo lo sceriffo, se le sbarre non l’avessero impedito.
«Ci lasci soli» disse brusco il giudice. Lo sceriffo, sempre più sorpreso, tornò nel suo ufficio.
Douglas si era avvicinato alle sbarre della cella e le aveva impugnate saldamente. Scrutava quel vecchio come se volesse vedere in lui qualcosa di diverso dal fuorilegge spietato che era: una leggenda sopravvissuta a se stessa. Ricercato in tutte le contee dal Texas al Nuovo Messico, era stato catturato solo perché uno dei suoi uomini l’aveva tradito, e adesso era rinchiuso come un animale in gabbia, in attesa d’essere giudicato.
«E così voi siete il giudice Douglas, l’uomo che domani mi farà impiccare» ringhiò Jackson.
«No, sono l’uomo che domani vi processerà per i vostri delitti».
«Solo Dio può portare il peso di giudicare tutto ciò che ho fatto» rispose il fuorilegge avvicinandosi alle sbarre.
Si era messo a fissare Douglas con insistenza, come se cercasse di capire dove l’aveva già visto.
«Siete molto giovane. Non ci siamo già incontrati?»
«No, ma avete conosciuto mia madre. Tutti dicono che le somiglio molto, abbiamo gli stessi occhi azzurri».
Non ci fu bisogno di dire altro. A Jackson tornò alla memoria una notte di trent’anni prima e una ragazza che aveva gli occhi color del cielo, la cosa più pura che avesse mai incontrato. Ne aveva violentate tante in vita sua, ma di quella ancora si ricordava: era stata l’unica che aveva davvero desiderato.
Douglas aveva visto ciò che voleva, ma non fu come si aspettava: non provava odio per quel vecchio, non più ormai. Lasciò le sbarre e se ne andò.
Jackson tornò a dormire e pensò che in fondo, nella sua vita, qualcosa di buono l’aveva fatto. [:en]La porta dell’ufficio si aprì all’improvviso e una folata di vento polverosa irruppe nella stanza.
«Non usa più bussare?» sbottò lo sceriffo sorpreso. Aveva messo mano alla pistola, pronto a far fuoco, ma si tranquillizzò quando riconobbe il giudice Douglas.
«Sono qui per vedere il prigioniero».
Lo sceriffo si alzò e prese le chiavi. «Non dovevate scomodarvi per una feccia simile. Detto tra noi, un vecchio come ‘cane pazzo’ Jackson non vale la corda con cui sarà impiccato».
«Ogni uomo ha diritto a un giusto processo» replicò Douglas impaziente.
Lo sceriffo, stupito da quella frase, guardò il giudice: aveva poco più di trent’anni, ma si era già fatto la fama di magistrato inflessibile; d’altra parte chi doveva amministrare da solo la legge su un territorio più grande di molti stati doveva essere spietato.
«Allora? Cosa aspetta?»
Lo sceriffo si scosse, aprì la porta ed entrò nel corridoio semibuio. Si fermò di fronte a una delle celle e disse ridendo: «Ecco, giudice, le presento ‘cane pazzo’ Jackson. Questo bastardo non ha coscienza: anche la notte prima d’essere impiccato dorme il sonno del giusto».
Quindi svegliò il vecchio percuotendolo con il calcio del fucile attraverso le sbarre.
Jackson si svegliò di soprassalto e si alzò sul pagliericcio come un cane rabbioso, pronto a reagire. Avrebbe volentieri azzannato al collo lo sceriffo, se le sbarre non l’avessero impedito.
«Ci lasci soli» disse brusco il giudice. Lo sceriffo, sempre più sorpreso, tornò nel suo ufficio.
Douglas si era avvicinato alle sbarre della cella e le aveva impugnate saldamente. Scrutava quel vecchio come se volesse vedere in lui qualcosa di diverso dal fuorilegge spietato che era: una leggenda sopravvissuta a se stessa. Ricercato in tutte le contee dal Texas al Nuovo Messico, era stato catturato solo perché uno dei suoi uomini l’aveva tradito, e adesso era rinchiuso come un animale in gabbia, in attesa d’essere giudicato.
«E così voi siete il giudice Douglas, l’uomo che domani mi farà impiccare» ringhiò Jackson.
«No, sono l’uomo che domani vi processerà per i vostri delitti».
«Solo Dio può portare il peso di giudicare tutto ciò che ho fatto» rispose il fuorilegge avvicinandosi alle sbarre.
Si era messo a fissare Douglas con insistenza, come se cercasse di capire dove l’aveva già visto.
«Siete molto giovane. Non ci siamo già incontrati?»
«No, ma avete conosciuto mia madre. Tutti dicono che le somiglio molto, abbiamo gli stessi occhi azzurri».
Non ci fu bisogno di dire altro. A Jackson tornò alla memoria una notte di trent’anni prima e una ragazza che aveva gli occhi color del cielo, la cosa più pura che avesse mai incontrato. Ne aveva violentate tante in vita sua, ma di quella ancora si ricordava: era stata l’unica che aveva davvero desiderato.
Douglas aveva visto ciò che voleva, ma non fu come si aspettava: non provava odio per quel vecchio, non più ormai. Lasciò le sbarre e se ne andò.
Jackson tornò a dormire e pensò che in fondo, nella sua vita, qualcosa di buono l’aveva fatto. [:]
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