
Una forma di schiavitù, il bisogno di asservire degli dèi, la difesa dei propri. Chi sono gli obi? Siamo noi, gli obi? Un racconto di Beppe Roncari.
La veranda spiava il Resegone spuntare da rossi cespugli di potinia, come la sua dentiera dalla gengiva quando se la toglieva, la sera.
Un crack! e quasi cadde dalla sedia a dondolo:
«Chi va là?»
Il vecchio si raddrizzò, raccolse il giornale. Gli era caduto.
«Vieni fuori, non ti vedo!»
Una mano sottile, di donna, no, di ragazza, un braccio candido… un gomito, una spalla, e dietro la siepe una testa di rossi capelli arruffati: non l’avrebbe vista, non fosse stato per quel crack!
La fanciulla azzardò un occhio oltre la siepe, quando:
«Vecchio! Dove cavolo hai mandato Obi?»
La voce, di donna, proveniva dal piano di sopra. Il vecchio urlò: «Che vuoi? Te l’ho detto! A prendere il giornale!»
«Ma doveva passare l’aspirapolvere! Quest’uomo! Mi farà impazzire!»
«Oh, smettila, vecchia! … E vieni fuori a vedere!»
La ragazza si era ritratta, ma non accennava a fuggire.
«Ma che vuoi, rincitrullito?» La donna fece capolino dal balcone. «Mandare Obi a prendere il giornale! Ce l’hai in mano, il giornale, vecchio balordo!»
«Al diavolo il giornale! Strofinati gli occhi, ciecata!»
La donna lo fece. Un paio di volte. Incredula. «Una ragazza?»
«Ma no, vecchia! Non una ragazza… Sarà un Obi. Sei un Obi?»
La figura dietro la siepe cominciò a tremare.
«Sei un Obi, no? Rispondi, ti ho fatto una domanda.»
«Potrei…»
«E vieni fuori, non ti vedo!»
La fanciulla fece un passo di lato, rivelandosi. Portava solo un abitino bianco, semplice, ma pulito. I suoi capelli erano rosso fuoco e gli occhi verde foglia. Era perfetta in ogni forma e timida in ogni sussulto. Ma di questo non c’era da stupirsi, in un Obi.
«Potrei… – esitò, – potrei passare io l’aspirapolvere!»
La donna si portò una mano alla bocca, un tuffo al cuore.
«Eh?» Chiese il vecchio stralunato.
«Potrei… io…»
«Ma noi abbiamo già un Obi! Una famiglia, un Obi. E tu ce l’hai una famiglia?»
«Io…» la fanciulla abbassò lo sguardo. Gli occhi verde foglia colarono rugiada. Succede. Anche con gli Obi. «Non più.»
Il vecchio si morse il labbro. C’erano lacrime anche nei suoi occhi ora: «Allora vattene via! Uccellaccio del malaugurio!» Ce l’abbiamo già un Obi!
«Oh no, vi prego, miei dèi!» La fanciulla s’inginocchiò. «Fatemi provare… non resterete delusi!»
«Potremmo farla provare, caro…» Intervenne la vecchia. «Magari Obi …»
«Chi insidia la mia casa?»
Era ritto al cancello. Il giornale in mano. Era calvo, alto, pallido. Gli occhi come il ghiaccio. Addosso, un semplice abito. Nero come il corvo.
La fanciulla, il vecchio, la donna. Rimasero di stucco.
Il nero aprì il cancello, depose un secondo, identico giornale, sulla sedia a dondolo, afferrò la fanciulla per il braccio e la tirò verso il cancello.
Alla donna scappò un singulto. Si voltò per non guardare.
«Ti prego, non mandarmi via… voglio ancora essere utile, posso ancora…»
«Obi!» Le intimò il nero. «Una famiglia, un Obi. Così sta scritto. I tuoi dèi sono morti. Non azzardarti a toccare i miei!» La sbatté oltre la soglia, a strisciare sul pietrisco.
Poi aggiunse con disprezzo: «Vattene! Sei… libera!»