Liberazione

Le stelle scorrevano sopra la sua vita ma lei non ne percepiva più il luccicore.
Le faccende quotidiane la assorbivano a tal punto che stava dimenticandosi di vivere. Le sue giornate erano intense, affannose.
 
Una mattina si svegliò prima dell’alba. In bagno, accese la luce sullo specchio e non si riconobbe: come aveva fatto a ridursi così? Gli occhi blu stavano sbiadendo in un azzurro fangoso, la chioma botticelliana era infeltrita in strati quasi grigi. Una vita asfittica la stava consumando e, se non avesse cambiato percorso in poco tempo, l’avrebbero trovata morta d’inutilità.
Un peso le calò sulle spalle, risalendo impietoso verso il collo e la nuca. Serrò le mani sul bordo del lavabo, abbassò la testa e vide il ventre prominente sotto il pigiama verde. Tanto bastò: vomitò la cena non digerita, la pasta del pranzo e infine il tè del mattino. I conati proseguirono trasformandosi in rantoli.
 
Giorgio, dal letto, biascicò infastidito: «Oh, Laura, che hai? Stai male?»
Domanda idiota, pensò. Non era forse evidente? «Tranquillo, passa» rispose, premendo lo stomaco e sciacquando la bocca, «forse ho preso un po’ di freddo. Mi prepari una camomilla? Penso mi farebbe bene.»
Lo sentì sbuffare mentre scendeva al piano inferiore, strascicando le ciabatte.
Era avvilita. Il marito si accorgeva della sua esistenza solo per le necessità fisiologiche: cibo, sesso, o in occasione dei suoi malori sempre più numerosi.
 
L’ultimo conato le squassò il torace. Qualcosa fuoriuscì dalla bocca, urtò il lavabo e rimbalzò sul pavimento.
Laura si portò le mani al collo, disgustata. L’oggetto, fermo contro il muro, era una sfera e riverberava onde cangianti dal blu acciaio al nero intenso. Con la punta del piede la spinse e rotolò piano, non sembrava pericolosa. La osservò per un attimo poi, incerta, si chinò per afferrarla con la punta delle dita: era gelida e pesantissima. D’impulso aprì la finestra, inclinò schiena e braccio all’indietro e scagliò quell’orrore lontano.
All’improvviso si sentì meglio, il dolore per le contrazioni allo stomaco era cessato, una piacevole leggerezza le avvolse la testa e tornò a letto. Sentì la voce di Giorgio, ovattata, offrirle la camomilla e percepì la propria mentre rispondeva di buttarla.
 
Più tardi il sonno fu interrotto dalla sveglia. Il marito si alzò e uscì per andare al lavoro.
Appena la casa fu muta Laura si vestì e prese il sentiero nel bosco dietro casa, inerpicandosi verso Val Deserta. Doveva riflettere, doveva cambiare rotta.
 
Volava, gli scarponi quasi non lasciavano tracce sul terreno. Arrivata ai piedi della montagna, si fermò.
Silenzio, quiete. Osservò la bellezza intorno a sé.
Davanti a lei, le pareti si stagliavano indifferenti; oltre le cime, lo sguardo sconfinava nel nulla del cielo di primavera.
Vomitò ancora e le frustrazioni balzarono fuori. Biglie sempre più grandi lasciarono il suo stomaco e l’ultima, gigantesca, quasi la soffocò.
 
Il ventre si era appiattito, le spalle si sollevarono, il collo si slegò. In pochi attimi tutto le fu chiaro: quanto spazio aveva dentro. Perché riempirlo di nuove banalità?
Buttò le chiavi di casa e si incamminò.
Prese la direzione opposta a quella da cui era arrivata.