
Una congiura che parte da lontano, un nemico mai neppure immaginato. Secondo classificato nel Camaleonte dedicato a Valerio Evangelisti, un racconto di Valter Carignano.
Ottobre 1918, fronte occidentale
«Soldato, fermo!»
I suoi stivali affondano, il fango lo risucchia giù. Giù, sempre più in basso, nell’inferno oscuro in cui vogliono trascinarlo le mani e le voci e gli ordini rabbiosi, gridati a sovrastare lo stridio delle armi.
Lui scalcia, lotta, ringhia ed ecco, è fuori, respira. La polvere gli riempie il petto, le granate aizzano la terra che cerca di ghermirlo, soffocarlo, impedirgli di raggiungere la Voce di Luce. Ma lui non può essere fermato, corre, scavalca il filo spinato, irride alle pallottole che gli ronzano intorno, maligne. Sa che dalla trincea lo guardano, si chiedono perché non cada, qualcuno forse scommette sui passi che ancora riuscirà a fare. Non gli importa, sono anni che attende la chiamata, rispondere è il suo destino.
Attimi senza tempo ed è oltre il terrapieno, fuori tiro. Si piega, appoggia le mani sulle ginocchia, riprende fiato. Il respiro gli si mozza quando di nuovo la sente.
«Sono qui» dice lui, mettendosi sull’attenti.
E lei parla.
Marzo 2080
Dintorni di Onsông, Korea del Nord
Gli ultimi uomini liberi aspettavano la morte.
«Ma quando arrivano? Le macchine dovrebbero essere puntuali» Kim Son Zu sputò a terra.
«Hai fretta di morire?» chiese Chernenko, accendosi un’altra sigaretta col mozzicone di quella che aveva fra le labbra.
«Eccoli» disse Kang He, posando il telecannochiale elettronico.
All’orizzonte, il sole del mattino si rifletteva su una distesa di metallo in movimento. Avanzavano lente, senza fretta. La fretta è un’emozione, e loro ne erano immuni. O così dicevano loro stesse.
Ma allora perché cominciare quella guerra, se non provavano odio e brama di potere? Kim Son Zu non capiva, la mente delle macchine era aliena, perfino per lei era inconcepibile quella mescolanza di logica e mente collettiva, per lei che era nata e vissuta nell’unico posto al mondo in cui le parole ‘cultura condivisa’ e ‘uniformità di pensiero’ potevano ancora avere un senso. Un’isola sopravvissuta al tempo, ai mutamenti delle ideologie, miracolosamente in bilico fra minacce di guerra e alleanze, fino a che era divenuta insignificante per tutti tranne che per qualche politico in cerca di facile consenso. Lei era l’ultima Kim, discendente dell’amato leader, fondatore della patria, l’ultimo anello di una collana durata ……. Come il suo antenato, era in prima linea contro gli invasori. Guardò l’orologio.
«È ora» disse. E subito si udì un rombo lontano, sempre più forte, e in un istante centinaia di missili superarono l’esercito degli uomini per tuffarsi sulle macchine.
Chernenko smise di respirare, tossì. «Ecco perché avevi fretta» sogghignò.
«È un lascito degli antenati? Bene, molto appropriato» Il vecchio cinese s’inchinò appena alla donna coreana. «Pensavamo che non ne esistessero più, che fossero stati usati tutti. La possibilità della lotta rende dolce il morire, come uomini invece che scarafaggi. A nome del mio popolo ti ringrazio, Kim Son Zu.»
Novembre 1912, Vienna
«Uff, che tormenta! Sarei stato volentieri a casa, oggi.»
Il guardiasala si libera del cappotto bagnato e si avvicina alla stufa, accanto al collega.
«Infatti io me ne sto qui al caldo, caro il mio Hans, anche il mio turno sarebbe finito. Speriamo che molli, prima di sera. Intanto, tutti sono entrati a ripararsi e c’è pienone.»
«Ehi, ma chi è quello?» chiese Hans, accennando a un giovane mal vestito, immobile in piedi davanti a una teca.
«È qui da un po’, è arrivato fradicio. È un poveraccio, ogni tanto l’ho visto coi suoi acquarelli esposti a terra, sul marciapiede qui sotto. Robetta. Saranno almeno dieci minuti che fissa la Lancia di Longino.»
«Contento lui… ‘sto pezzo di ferro inutile.» Ridacchiano.
Lui non li sente. La sua mente è piena della Voce di Luce. L’ha sentita non appena è entrato nella sala. Gli parla attraverso la Lancia, gli svela il futuro, il suo destino. Lui non capisce tutto, vede guerre, carri pieni di cadaveri, folle sconfinate che inneggiano al suo nome e alla grande Germania, giorni radiosi e puri.
Se lui sarà forte. Se lui non cederà.
«Sono qui» dice lui, mettendosi sull’attenti.
Marzo 2080
Dintorni di Onsông, Korea del Nord
I missili ipersonici colpirono i loro bersagli. Le macchine non tentarono di sfuggire. Troppe, troppo vicine, troppo lente. Innumerevoli esplosero e trascinarono nel loro destino quelle vicine. I detriti bloccarono i cingoli di altre, rendendole incapaci di ogni movimento. Lo spostamento d’aria rovesciò le più piccole, lasciandole inutili ad agitare le zampe metalliche.
Ecco il problema di chi sa di avere tempo senza fine, pensò Son Zu. Ti rende troppo sicuro.
«Bel lavoro, compagna» scherzò Chernenko. «Non se l’aspettavano.»
«Abbiamo resistito per secoli, nessuno ci ha mai piegato a lungo. Non ce ne andremo senza lasciare il segno.»
«Abbiamo speranza?»
«Non credo.»
«Neanche con loro?»
Dalla collina si levarono un migliaio di soldati, planando con grandi ali variopinte. Son Zu sentì il ronzio dei piccoli propulsori elettrici.
«No» disse. «Ma anche loro devono avere la loro parte di onore, oggi.»
Erano gli ultimi giapponesi, uomini e donne, qualche ragazzino. Ora come falene si gettavano sull’orda di metallo, ancora rallentata dall’attacco a sorpresa. Volavano leggiadri, danzavano per schivare i colpi e si facevano esplodere, trascinando nella loro morte ognuno una macchina. L’ultimo di loro lanciò un grido che echeggiò a lungo nei cuori dei soldati ancora schierati in attesa.
In pochi minuti, il numero dell’orda era diminuito di quasi duemila unità. Due terzi.
Ma erano ancora troppi. E ripresero ad avanzare.
Gennaio 1943, Berlino
«Cancelliere, i russi avanzano. Noi ci siamo ritirati qui, qui e qui» Le dita del generale spostano rapide le pedine sulla grande mappa tattica. «Von Mainstein è certo di poter riprendere l’iniziativa. Francia, Corsica e Italia sono sicure, però di quei pagliacci dei fascisti non mi fido. Gli italiani sono gente senza onore.»
Lui guarda la mappa, ma il pensiero è altrove. La voce non gli parla, non ne percepisce la presenza nemmeno quando è di fronte alla Lancia, nel bunker segreto. Cosa deve fare? È solo un uomo.
Ha riunito i migliori scienziati, costringendo con la forza quelli che non erano favorevoli alla causa. Le loro scoperte erano notevoli, un’altra prova della superiorità assoluta del popolo tedesco, ma ancora non si riesce a generare il Metallo, quello che la Voce di Luce gli ha mostrato nel 1918. Solo con il Metallo potranno avere la vittoria.
Si alza e se ne va. È un uomo solo.
Marzo 2080
Dintorni di Onsông, Korea del Nord
«Pronti?»
«Da sempre, piccola.» Chernenko le sfiorò la guancia, Son Zu non si ritrasse e lo fissò negli occhi. Era tardi, per tutto. Ma non per un ultimo sogno.
Mano nella mano, raggiunsero Kang He alla testa di ciò che rimaneva dei tre eserciti. Poco più di tremila uomini e donne, pochi mezzi, armi che a stento potevano penetrare il Metallo. Ma nessuno esitò, quando Kang He chiuse il pugno.
30 aprile 1945, Berlino
Ha fallito. La Voce di Luce lo ha abbandonato. La sua intera esistenza è stata inutile.
Avvicina la canna della pistola alla testa, l’indice si contrae sul grilletto. Ma lei appare, gli parla ancora una volta. Lacrime di commozione e gioia scorrono sulle sue guance, mentre la Voce gli mostra il futuro. Capisce che non era tempo di scoprire il Metallo, non era quello il suo compito, aveva frainteso. Lui doveva dare inizio agli eventi, fare in modo che venissero create le più devastanti armi mai concepite, che le parole crudeltà e sterminio assumessero nuovi e più tremendi significati. E vede altre guerre, altre stragi, e ne è orgoglioso perché sa che senza di lui non sarebbero mai esistite.
E infine vede la scoperta del Metallo, ride alla stupidità degli uomini che non capiscono di aver infine liberato un essere a suo modo senziente, che da millenni attendendeva il proprio momento. Demone, angelo, divinità o creatura, lui non sa dire. E vede l’orda delle macchine di Metallo, mentre sta per abbattersi sull’ultimo esercito degli uomini.
Capisce. Ma è tardi. L’indice termina il suo movimento e la testa di Adolf Hitler va in pezzi.
Marzo 2080
Dintorni di Onsông, Korea del Nord
Il Metallo ha vinto. Non è rimasto nessuno.
Il Metallo è solo.