
Non tutti gli zombie sarebbero scritturabili in THE WALKING DEAD. Quinto classificato nell’Ottava Edizione della Quinta Era con Alessandro Forlani come guest star, un racconto di Marco Roncaccia.
«Glenn ha preso la decisione, io stavo solo seguendo il suo esempio»
Musica, titoli di coda.
La settima stagione di The Walking Dead, finisce così.
Sei deluso.
Colpa di quei ragazzetti.
Passavano vicino al portico dove dormi.
«The Walking Dead è la base per ogni fan dei morti viventi» diceva uno all’altro.
In 10 giorni ti sei sparato 7 stagioni, ma non hai imparato niente.
Ti alzi dal computer e vai al deposito borse della biblioteca pubblica.
Prendi la chiave, apri lo sportello ed estrai la tua scatola di scarpe.
Appena in strada, non resisti.
Poggi la scatola sul cofano di una macchina, sollevi il coperchio quel tanto che basta per poter sbirciare.
Quello che vedi ti riempie il cuore.
Te lo sei ritrovato in una mano mentre rovistavi in un cassonetto, ci entrava perfettamente.
Era rigido, freddo, rossastro. Occhi non ancora formati. Braccia esili, mani e piedi microscopici. La testa enorme.
Un lungo verme rosa pendeva per poco meno di mezzo metro dalla pancia.
Chiunque sarebbe saltato dallo schifo.
Tu hai provato empatia. Quel feto morto era come te
Inconcluso, abbandonato e solo.
Hai preso una scatola di scarpe dall’immondizia e ci hai sistemato il piccolo.
Avresti voluto seppellirlo, ma a metà strada tra il cassonetto e il prato hai incontrato Mario.
Gli mancavano quaranta centesimi per un brik di vino del discount.
Ti sei frugato e sono uscite fuori monete per quattro litri.
Hai pensato che un brindisi avrebbe reso più solenne il funerale.
Ti sei risvegliato sotto una panchina, ancora sbronzo, abbracciato alla scatola di scarpe.
«Ehi Mario, piantala di russare!» hai detto. Ma Mario era sparito con il vino avanzato e quello strano gorgoglio veniva dalla scatola.
Ti sei alzato di scatto dando una craniata alla panchina. Il dolore ti ha restituito lucidità. Hai sollevato il coperchio e hai visto che il feto si dimenava ruotando testa, gambe e braccia in modo disarticolato.
Apriva e chiudeva la piccola bocca.
Hai provato a inserirci il tuo mignolo, e hai sentito una debole pressione.
Ha fame, serve del latte, ti sei detto.
Presto ti saresti reso conto che un feto morto che si rianima non ha bisogno di essere allattato.
Latte, bolo di gallette, pezzetti di carne. Qualsiasi cibo lo ha rigettato.
Dopo la visione di The Walking Dead hai provato a dargli delle formiche e altri insetti che potessero entrare in quella boccuccia, ma il feto ha dimostrato completa indifferenza.
Sei seduto su un marciapiede e lui è nella scatola aperta davanti a te.
Ti alzi e vai a pisciare dietro una siepe. Vedi un gabbiano che si posa sulla scatola. China il capo dentro e riemerge con un pezzo di carne nel becco.
Non fai in tempo a muoverti.
Vedi il cordone ombelicale spuntare roteando e avvolgersi intorno al collo del pennuto. L’uccello si dimena ma è intrappolato tra le spire. Le piume si macchiano di rosso e il materiale organico viene risucchiato con violenza in quel tubo.
Sei estasiato.
Poi suono rauco, una specie di rutto.
Sorridi e pensi, il mio zombie è differente.