Non sono stata io

«Non sono stata io» ripeté la donna, scostandosi il ciuffo color argento.
La commissaria Daniela Morato si soffermò per un attimo sul tavolo con la statua di Giano bifronte: il primo profilo era quello di un giovane avvenente, il secondo di un vecchio laido.
Faceva il paio con il soggetto del quadro appeso nell’ingresso: un piatto di frutta con accanto un teschio e un pugnale.
Non era l’unico dettaglio inquietante della faccenda: i vicini le avevano telefonato dopo aver assistito a una colluttazione in terrazza della donna con il marito: lo avevano visto accasciarsi per non rialzarsi più, mentre lei era rientrata in casa.
Tutti concordavano sul fatto che l’omicida fosse sui venticinque anni.
La commissaria aggrottò la fronte e squadrò la donna.
Tutte le testimonianze concordano su una giovane alta e slanciata, che ti somiglia molto. Una parente? Di sicuro una complice. Per arrivare a lei, devo farti confessare. A costo di farti crollare con un bluff.
Allora rialzò lo sguardo sulla sospettata: «L’avverto, signora Stolz. Ci sono forti indizi contro di lei. Tutti l’hanno vista mentre colpiva la vittima e tornava in casa lasciandola inerte.»
Con sua grande sorpresa la sentì rispondere con noncuranza: «Sì? Avrà notato che nel soggiorno c’è uno specchio.»
La commissaria sospirò e alzò gli occhi al soffitto.
Ci siamo: persino una signora distinta come questa recita la parte della matta come un qualunque assassino per farsi ridurre la pena; beh, non è la prima e non sarà l’ultima. Sentiamo cos’ha da dire.
La Stolz congiunse le mani: «Mi dispiace per Ariedo. Gli ho sempre detto di lasciarlo coperto. Venga, glielo mostro.»
La Morato la seguì impassibile e si limitò a una breve occhiata alla forma rettangolare coperta da un drappo damascato color oro antico.
La signora qui presente mi crede cretina: non vedo pericoli in uno specchio a figura intera; lo avrà coperto solo per fare scena.
«Lo ha comperato lei?» le domandò gelida.
«Me lo sono ritrovato in eredità. Vede, avrei dovuto custodirlo meglio.»
Lo sguardo della donna si volse di nuovo allo specchio coperto dal drappo.
Un paio di sedie rovesciate e una vetrinetta di ninnoli in frantumi confermavano la lotta fra la vittima e… l’assassina?
La commissaria si torse le mani, maledicendo la decisione della settimana prima di smettere di fumare: «Adesso non vorrà mica dirmi che esiste la maledizione dello specchio stregato?»
«No» le rispose calma la Stolz «ma quella del Doppio sì. Vede, lui mi lasciò quando eravamo giovani. E giurai davanti allo specchio che me l’avrebbe pagata. Due settimane fa ci ritrovammo e… da allora vissi con la paura di quelle parole.»
«E la statuina?» le domandò sempre più scettica la commissaria.
«Un regalo di corteggiamento di Ariedo. Diceva di essere affascinato dalla mia doppia personalità. Poi, come ha visto all’ingresso, ha omaggiato la mia passione per il rinascimento.»
Sorrise: «Penso che si veda anche nel salotto.»
La Morato annuì: quei mobili pieni di fauni e manticore la facevano pensare a una sala dei Borgia.
«Mio marito, oltre a essere un collezionista d’arte, amava le scienze occulte, ma, a differenza di me era un dilettante.»
Si scostò la manica dell’abito blu notte, mettendo in evidenza la profonda cicatrice sul polso sinistro.
«Io invece l’ho sempre studiata in modo approfondito: sapeva che è possibile fare amicizia con il proprio Doppio stringendo il Patto di Sangue? Certo, poi occorre tenere coperto lo specchio affinché agisca solo quando è il momento. Un po’ come mettere la sicura a una pistola.»
La Morato sbarrò gli occhi e si mise le mani capelli, ormai certa di trovarsi davanti a un caso da manicomio criminale.
Vedendola in quello stato, la Stolz si portò la mano alla fronte: «Povera cara. Capisco il suo turbamento. Vorrà vedere chi è stato. Non avrei mai voluto che succedesse. Ecco cos’ha portato il dono di Ariedo. E la sua leggerezza nei riguardi delle eredità di famiglia.»
Le fece strada verso la terrazza e fu lì che li vide: in cucina una versione più giovane della Stolz, con indosso un abito rosa senza maniche macchiato di sangue, al centro del torace, dal quale spuntava il manico di un pugnale.
Notò la cicatrice sul polso destro.
Si chinò sul cadavere di Ariedo Spiri, ne vide il volto contratto in uno spasmo che gli aveva lasciato scoperti i denti ed esaminò il collo.
La ferita è superficiale… ci sono, il pugnale era avvelenato.
La Stolz la distolse dall’analisi: «È successo quando ho aperto la portafinestra. Lei mi ha vista e… credo si sia spaventata. Se mi dà retta, non faccia mai patti con il suo riflesso allo specchio.»
 
La Morato perse di colpo tutta la propria sicurezza.
Ci mancava anche questa. Non posso incriminarla: esiste il reato di uso del proprio Doppio come sicario? E se sì, con quale pena?