Notti Insonni

Essere prigionieri del proprio essere, bisognosi di fuggire verso una salvezza che non esiste, raccontarsi ogni volta che il domani sarà diverso, e poi ricascarci. Un racconto di Andrea Partiti.

 
Sam uscì sul terrazzo e si appoggiò alla ringhiera, osservando la città lontana, con le sue luci gialle e blu che non si fermavano mai.
L’aria si muoveva appena attorno a lui, secca e piacevole. Portava profumi dalla campagna circostante, illuminata dalla luna, bassa e nascosta dagli alberi che circondavano la casa.
Era stanco e si meritava un momento per sé. Prese dalla tasca il pacchetto di sigarette, lo soppesò e scosse senza aprirlo. Tre, forse quattro rimaste.
Doveva decidersi a smettere.
Quante volte si era trovato in quello stesso punto, appoggiato alla righiera a pensarci? Quante volte aveva deciso che sarebbe stata l’ultima, solo per trovarsi poi una settimana, due settimane, un mese dopo a mordersi le labbra e cedere di nuovo, nella vergogna? Per trovarsi a dover uscire di notte, in auto, disperato, per soddisfare un bisogno che si era risvegliato quando ormai lo considerava sconfitto?
Sam aprì il pacchetto e con un gesto meccanico fece saltar fuori una sigaretta, afferrandola direttamente con le labbra. Con l’altra mano fece scattare un piccolo accendino Bic rosso. La fiamma sfrigolò e si accese la famigliare brace davanti agli occhi.
Ripose pacchetto e accendino nella tasca destra dei pantaloni con un unico gesto, mentre osservava la piccola brace e la tremula aria calda che si raccoglieva sopra di essa.
Un respiro profondo cancellò molti dei suoi sensi di colpa. Il cuore accelerò i battiti e il piccolo demone nella nuca si placò con un brivido tiepido.
Poteva essere l’ultima, se lo desiderava. E lo desiderava davvero.
Niente più notti insonni per via degli incubi sempre uguali, con il subconscio che macerava le ipotesi peggiori. Niente occhi sgranati nel buio ad ascoltare rumori lontani e domandarsi se il suo vizio stesse per riscuotere un pegno che non era pronto a pagare, a domandarsi se sarebbe stato quello il giorno in cui avrebbe scoperto che qualcosa non andava. Non voleva più sensi di colpa, non aveva senso continuare.
Sam soffiò il fumo verso l’alto, osservandolo oscurare le poche stelle visibili e scomparire in volute sempre più fini. Poi ancora, e ancora. Ipnotico.
Della cenere gli cadde sul braccio. La scosse via distrattamente senza smettere di guardare verso l’alto.
Da dentro casa arrivò un grido soffocato, terrorizzato.
Si era svegliata, finalmente. Era il momento di tornare da lei a finire il lavoro che aveva iniziato.
«Questa è davvero l’ultima, lo giuro» mormorò tra sé, lanciando il mozzicone nel buio, in una parabola di scintille.