Oniroteca

Ogni sogno nasconde una parte di realtà e schiantarcisi non può che fare male. Finalista nella Seconda Edizione della Quinta Era con Andrea Atzori nei panni della guest star, un racconto di Fernando Nappo.

 
«Mi sparo!» dico. «O mi taglio le vene. O mi appendo per il collo al lampadario. Non ce la faccio più.»
Il Professor Astori, seduto sulla poltrona, si massaggia la barba. «Desidera provare una soluzione personalizzata, questa volta?»
«Non oggi. Sono un po’ di corsa.»
«Allora stiamo su un’opzione standard, a menù.»
Faccio spallucce. «Purché sia una morte splatter. Oggi voglio una cosa del tipo sangue e organi dappertutto. Che quando vedono le foto della polizia danno di stomaco, tutti.»
Astori diteggia sul tablet. «Ho delle simulazioni che potrebbero fare al caso suo» dice, ed elenca: «Un salto dal ripetitore Rai di corso Sempione, con l’opzione che se non muore sul colpo finisce sui binari dell’uno barrato che passa in quel momento; le dita nella presa di corrente, con l’opzione di un nostro funzionario che tira su il salvavita appena scatta; tuffo carpiato sulla motosega del giardiniere al quale lei stesso ha commissionato la potatura di un abete che non possiede…»
Lo fermo. «Quest’ultima mi piace. E poi c’è di mezzo la natura, che ha sempre un nonché di rilassante.»
«Molto bene» dice il Prof. Si alza e verifica che i sensori alle tempie siano ben saldi, poi mi oscura la visione con la maschera.
«Sentirà un frizzicore alle tempie…» dice, come da prassi.
Dopo pochi secondi sento una scossa che mi fa ribaltare sul lettino. Urlo qualcosa, forse un vaffanculo al Prof., poi svengo. Fa parte della procedura, tranquilli. È così ogni volta.
 
Esco dallo studio e un attimo dopo sono in macchina. In tasca, come d’abitudine quando dormo fuori per lavoro, ho il bottone occipitale col sogno per questa notte: io che la faccio finita, finalmente, e tutta la mandria che mi campa addosso che frigna e si dispera perché, con un atto di coraggio come mai oserei nella realtà, li ho piantati lì, a cagarsi addosso: adesso arrangiatevi, massacramaroni.
Astori conosce i miei gusti e scommetto che avrà infarcito il sogno con amenità come mia moglie che caragna, e chi lo paga adesso il mutuo?, mio figlio che gli tocca andare a lavorare, il capo incazzato perché col cazzo che glielo lascio un backup del mio lavoro…
Il sogno indotto è illegale, ma ormai non posso più farne a meno.
 
Mi stendo a letto e piazzo il bottone alla base del cranio. Il sonno arriva presto e con esso il sogno. Sento il motore della motosega. Pregusto il momento. Quando il giardiniere si avvicina, noto con stupore che somiglia al Prof. Astori. Al suo fianco, d’improvviso, proprio come nei sogni, si materializza mia moglie. Hanno entrambi un sorriso innaturale, troppo ampio. «Tu sogni» dice Astori «ma tua moglie e io, i nostri sogni preferiamo farli diventare realtà.»
Indietreggio.
Sento le gambe rigide, le mani, quelle reali, strizzano le lenzuola. Un dolore mi trapassa le tempie. Stronzo, cosa stai facendo al mio cervello? Cos’hai combinato col bottone occipitale? La schiena s’inarca in uno spasmo. Ormai è chiaro: tra poco sarò morto. Per davvero. Ma questa volta non ci trovo nessuna soddisfazione.