Ospitalità

L’agente immobiliare sfoderò il suo miglior sorriso. Non che avesse molte speranze, la coppia non si era mostrata affatto interessata. Ma il mestiere è mestiere.
«E infine, per chiudere il giro della casa, la chicca che esalta la bellezza di questa villa…»
Con gesto teatrale spalancò le porte e varcò la soglia.
«Il giardino d’inverno!» esclamò.
La veranda toglieva il fiato. Preziose vetrate liberty e mobili da giardino in giunco la arricchivano.
Si girò trionfante verso i suoi clienti. La ragazza sbadigliava. L’uomo guardava il cellulare.
«Ma è vero che ci sono i fantasmi?» chiese la cliente.
«È una fandonia messa in giro da chissà chi…» mormorò l’agente.
«Ma a noi hanno detto che gli ultimi quattro proprietari sono tutti fuggiti» insistette lei.
«È vero?» lo incalzo l’uomo.
L’agente fece un vago cenno di assenso.
I due si scambiarono uno sguardo.
«La prendiamo.»
 
«L’hanno venduta» sibilò Ann. Voltò le spalle a sua sorella May e si diresse alla finestra. «Vedi? Il cartello non c’è più!»
May continuò a sferruzzare.
«È finita la pace» piagnucolò Ann. «Potrebbe essere una coppia. Magari anche con un figlio.»
«O due, o più…» precisò May, senza togliere lo sguardo dai ferri.
Ann andava avanti e indietro.
«Ti ricordi cinque anni fa? Quelli di città?»
«Pessimi» ammise la sorella.
«Ma non quanto quelli di tre anni fa. Due mesi sono stati, Natale compreso. Con la villa coperta di lampadine colorate. Non ho dormito per un mese.»
May smise di far la maglia.
«Va bene, ma ora calmati. Sarà questione di sopportare un poco, poi se ne andranno.»
«E chi li manderà via?» sbuffò Ann.
May sorrise serafica. «Ma i fantasmi, no?»
 
I vicini erano stati quasi invisibili, tranne la confusione nel giorno del trasloco.
Ma con la luna nera le due sorelle entrarono comunque in azione.
«Vai piano che non si vede niente» si raccomandò Ann.
«Conosco la strada a memoria, vienimi dietro e taci.»
Attraversarono il giardino fino a un punto dove la siepe che segnava il confine con quello della villa accanto, ormai incolta da lustri, era cresciuta a dismisura. Si infilarono in una specie di nicchia, dove c’era una botola a terra. May la aprì ed entrambe discesero nel sotterraneo. Ann accese una torcia e si fecero strada nel tunnel fino a una piccola stanza arredata.
«Prepariamoci» disse May.
Ann aprì la borsa e ne trasse un kit per il trucco, un paio di parrucche, catenelle e altri accessori. May intanto estrasse da un armadio un paio di abiti antichi, laceri e impolverati.
«Che schifo» commentò la sorella.
«Sono perfetti» ribatté Ann.
Una mezzora dopo erano pronte.
I due fantasmi comparvero nel salone d’ingresso: facce cadaveriche, catene, urla agghiaccianti.
La sceneggiata sarebbe stata rapida: salone, veranda, biblioteca e quindi di nuovo salone, per scomparire nel sotterraneo. Quello era il piano.
 
Quando furono al centro della veranda, questa si illuminò a giorno. Le due sorelle fantasma si trovavano in un vero e proprio studio televisivo, con varie persone. Su una parete uno striscione con scritto sopra: «Cicap – Caccia al fantasma».
Per un secondo o due ci fu silenzio, poi la nuova proprietaria, una ragazza con grossi occhiali quadrati, ruppe la magia.
«Vaffanculo, niente fantasmi, sono le vecchie della villa accanto.»
L’uomo accanto a lei ridacchiò.
«Dai, anche qui abbiamo finito. Domani sbaracchiamo, ho notizie di una casa infestata in Italia.»