
Ma sogno e realtà sono davvero così distanti? Un racconto di Francesco Cascione.
Ogni notte lo stesso sogno. Lo stesso maledettissimo sogno.
Alle volte ha la forma di un ricordo, altre è il frammento di futuro possibile, così terribile da finire sempre con l’eco di un mio urlo nelle orecchie.
Nel sogno c’è Lei. Perfetta. Rosa fresca e profumata; di una bellezza tersa come il cielo di una mattina di tramontana.
La incontro ogni notte. La perdo ogni notte. Finché notte e giorno esisteranno.
Ogni giorno che vivo tra gli umani preparo il nuovo incontro, assaporo il piacere di rivederla, mi illudo.
E perdo. Sempre.
Ricordo un tempo lontano nel quale tutto sembrava perfetto. L’incontro, la scoperta di un sentimento antico al quale né un Dio né un’umana potessero sottrarsi.
Rivedo il primo raggio di sole sulla pelle, assaporo il primo bacio, sento il suo profumo.
Vivo. Muoio. Vivo ancora.
Sul mio mondo abbiamo luci, suoni, odori che basterebbe descrivere per far precipitare nella follia assoluta il più assennato tra di voi.
Sulla Terra, di questo mondo, ne conoscete i frammenti che qualche Dio annoiato ha concesso ai folli, agli artisti.
Van Gogh, ad esempio, impazzì per averne percepito più di quanto sia tollerato.
Scorrazzo tra gli uomini da sempre. Creature tanto fragili eppure straordinarie.
Le ingerenze, agli dei, sono concesse, l’Amore, quello che l’amico di un tempo definiva come quella forza che muove il cielo e le altre stelle, no.
Agli Dei è concesso di contemplare, di giocare con gli umani, guidarli persino. Ammirare. Giocare.
Amare, mai.
Mi credevo astuto, e così, per incontrarla ancora creai un mondo sospeso tra il mio e il suo. Il Sogno.
Creare un mondo tra i nostri sembrava il modo migliore perché ne avessimo uno nostro in cui vivere.
Per donarlo a Lei, lo donai agli uomini che lo usarono come fosse fuoco, ma fui io a bruciarmi.
Fui arrogante. Fui stupido.
Fui scoperto. E punito.
Mi chiamarono traditore; immortale tra gli Dei, preferivo l’amore mortale. La Presunzione è il peccato più grande.
Mi condannarono come solo chi non conosce pietà può fare.
Fu esilio per entrambi. Io sulla Terra, lei per sempre prigioniera del sogno.
Voi uomini, quando mi cantate, parlate di un’aquila e del fegato strappato, di un eroe che mi salva.
Favole.
Ogni notte la rivedo, e Lei mi odia più forte perché la mia speranza è anche le sua. La mia disperazione è la sua.
Maledico la mia immortalità. Sempre.
Assaporare il cielo per bestemmiare ancora più forte l’inferno. Questa la mia maledizione.
Sento il sonno che si avvicina e sento, ancora, che quella che verrà sarà la mia ultima notte di Inferno.
Quale sarà la notte in cui io e Lei torneremo liberi?
Sarà quella nella quale voi uomini smetterete di sognare. Per sempre.