Quarantacinquesimo e ultimo

Un potere tristemente comune a molti, una mente malata, soldi e carriera… Una miscela “micidiale”. Finalista nella Prima Edizione della Quinta Era con Walter Lazzarin nelle vesti di guest star, un racconto di Andrea Partiti.

 
Il potere di uccidere è semplice, forse il più banale che si possa ricevere. Non è complesso, non si può sfruttare per trarne vantaggi personali, per carpire informazioni, per essere ammirati, rispettati. Anzi, va tenuto nascosto, perché è temuto, odiato.
 
Scoprii il mio potere all’età di cinque anni. Erano solo animali al principio.
Zanzare e moscerini: si poggiavano su di me e in un istante crollavano a terra.
Canarini, criceti e pesci rossi: doni da bambino, trovati soffocati nel loro sangue.
Furetti, conigli, gatti e cani: per la prima volta sentii la paura dei vicini, il sospetto, la diffidenza.
 
Col tempo cresceva il mio potere e con esso le attenzioni.
Nell’adolescenza imparai a nasconderlo, ma non per questo smisi di esercitarlo; partivo da solo con il mio zaino, mi addentravo nei boschi. Lì raggiunsi un nuovo livello: neppure la forza dei grandi cervi, dei cinghiali inferociti o dei letali puma mi poteva fermare; anche loro finivano rantolanti ai miei piedi, sanguinando un’energia vitale che accettavo con gioia dentro di me.
 
La notte del primo incontro con un cacciatore fu eccitante. L’avevo udito da lontano: spaventava le mie prede. Normalmente mi sarei allontanato in direzione opposta ai suoi spari, ma quel giorno mi feci silenzioso, mi mossi verso il rumore e per la prima volta usai il mio potere su un altro essere umano.
Sentii una scarica di energia e di euforia incomparabile. Restai in ginocchio tremante fino all’alba, prima di scuotermi e nascondere ogni traccia.
 
Presi a cercare i cacciatori, dapprima soli, poi in gruppo. Capii di poterne colpire molti, tutti insieme. Ero costretto a farlo, per riavvicinarmi alla sensazione di quella prima volta.
Poi i cacciatori smisero di salire sulle montagne e iniziai a girare per il paese, ad andare io da loro, ma di nuovo: attenzioni sgradite mi seguivano. Ero sospetto.
 
Il potere non smise di crescere quando mi ritirai, nascosto in una vita normale, con studi, carriera nell’attività di mio padre, una mia famiglia, senza mai una distrazione, perché non potevo permettermi ricadute.
Il potere cresceva lento ma costante. Sapevo di poterne colpire cento, mille, diecimila. E chi avrebbe potuto accusarmi a quel punto? Ero protetto dal mio nome, dalla mia posizione, dall’essere una figura pubblica. Più fossi diventato celebre e meno il momento della Grande Euforia sarebbe stato imputabile a me.
 
Ed eccomi qua, a settantuno anni, con le mani piccole e macchiate che fremono come quel giorno nel bosco.
Per la prima volta sento di poter abbracciare ogni singolo abitante del pianeta e stringerlo in quella mano fino a stritolarlo.
Miliardi di persone, ormai quasi alla mia portata.
Che battaglia è stata arrivare a questo momento, a questa ultima attesa.
 
Bussano alla porta. Apre senza aspettare una risposta e si mette sull’attenti.
«Il Collegio Elettorale ha ratificato la sua elezione. Marine One è sul tetto: la aspettano per l’insediamento alla Casa Bianca, signore. Anzi, Signor Presidente!»