Sempre più in alto

Sempre più in alto fino a cadere in un nuovo mondo. I sogni dell’uomo (e della donna) s’infrangono contro i bisogni pubblicitari nell’Era del Dio Denaro.

 
«Sei pronta, Marta?»
La voce suona metallica nell’elmetto pressurizzato.
«Certo che sì, Marco. Paura?»
L’allenatore sospira nel microfono del centro di controllo. O almeno credo che sospiri, io sento solo rumore statico.
«Macché. È solo un salto… E poi, chi lo sente lo Sponsor se torniamo sulla Terra a mani vuote dopo trentanove giorni di attesa?»
Trentanove! Sembra una barzelletta. Un tempo si pensava ci volessero anni per coprire il tragitto. Curiosity ce ne ha messi 345 di giorni. Il VASIMR ce l’ha fatta in trentanove. Certo, allora anche il mercato pubblicitario era più lento e l’esigenza di far colpo meno stringente. Bastava un tweet ben assestato per mandare in visibilio la Rete. Altri tempi.
«Ti ricordi la battuta?»
Stavolta sono io a sospirare: «Certo! È la fottuta frase idiota di Louis Armstrong…»
«Neil!» Urla Marco nell’interfono. «Neil Armstrong. Io…»
«Neil, Louis… è solo un dettaglio.» Mi piace farlo arrabbiare.
Un bip! interrompe il nostro diverbio. Ci siamo! È il segnale che le boe gravitazionali sono allineate e che il satellite Telecom è in contatto sia con il centro di controllo su Marte che con me. Sì, perché io non sono sul Pianeta Rosso «non ve l’ho detto?» ma sulla piccola luna di Phobos, l’antico dio della Paura.
Marta Amadei, campionessa mondiale di salto in alto.
Sulla Terra l’accelerazione di gravità misura 9,8 metri al secondo quadrato, e così riusciamo a staccarci dal pianeta soltanto di pochi centimetri (il mio record è 255). E sapete quanto dura quel salto? Meno di un secondo. Beh, la gravità su Phobos è di soli 0,0057 m/s²… fate un po’ i calcoli.
«1, 2, 3… Via!»
Mi fletto sulle ginocchia, spicco il balzo e lancio la battuta: «Un piccolo salto per una donna… un gigantesco balzo per l’umanità!»
 
E sono nel vuoto.
 
È tutto molto più lento di quanto mi fossi immaginata. Un giorno marziano, 24,62 ore terrestri, tanto deve durare il mio salto. Marco voleva un maratoneta, ma lo Sponsor gli ha riso in faccia. La gente voleva che fosse la campionessa mondiale a toccare le stelle con un dito…
«Marta… abbiamo un problema.»
«Che c’è, ho sbagliato la battuta? Non mi sono data abbastanza slancio?»
«Ehm… no, te ne sei data anche troppo…»
«Che cazzo vuol dire, Marco?»
«I calcoli erano sbagliati.»
«Sbagliati?»
«È un dettaglio ma nel salto era calcolata solo la massa di Phobos… E allora non avresti avuto abbastanza… insomma… poi lo Sponsor ha detto: che cazzo, non si vedrà il fottuto Pianeta Rosso? Che vi pago a fare… E allora, per fartela breve, hai raggiunto la velocità di fuga.»
«Non può essere! Il computer dev’essere guasto!»
«Non è il computer a essere guasto, Marta. È il sistema. Se il salto fosse stato dall’altro lato di Phobos… ma lo Sponsor voleva Marte… Anche così, un salto umano standard poteva starci…» Rumore statico. «Ma tu sei una campionessa.»
Bip.
Rumore statico.
E mentre cado sempre più in alto, in accelerazione costante verso Marte, penso ai tweet di domani sulla Terra. Cazzo. Almeno lì batterò tutti i record. Lo Sponsor sarà contento.

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