
La prima impressione non è sempre confermata dall’esperienza. Vincitore dell’Ottava Edizione della Quinta Era con Alessandro Forlani come guest star, un racconto di Erika Adale.
Sara lo vedeva dalla bicicletta. Seduta sul seggiolino, davanti alla mamma che pedalava e sbuffava, la piccola si godeva serena il vento sul viso finché non arrivavano al campo di erba medica.
All’inizio della curva la bimba si metteva il pollice in bocca e chiudeva gli occhi. Eppure, giunte al rettilineo della pista ciclabile, era come se le palpebre si sollevassero da sole e fosse costretta a guardare quel volto. Il ghigno disegnato sulla juta faceva montare un’onda di paura che le chiudeva la gola e la precipitava in un mondo di smarrimento e solitudine. Provava a resistere qualche istante a quell’emozione spaventosa, poi lanciava un grido angosciato e scoppiava a piangere.
La sagoma oscura era già alle loro spalle quando la mamma si fermava e le chiedeva cosa fosse successo. Ti ha punto un insetto? Troppo caldo, troppo freddo?
Sara non osava girarsi e non aveva parole per descriverlo. Si limitava a piangere e tremare, incredula che fossero passate indenni sotto quegli occhi senza sguardo.
All’ennesimo gita terminato fra le lacrime, la madre della piccola ripensò alla strada che percorrevano con senso critico. L’unico elemento che, in quel punto, fosse diverso dal resto della pista ciclabile, era un vecchio spaventapasseri che svettava in mezzo a un campo.
Sara avrebbe dovuto vederlo da vicino, per capire che si trattava di un innocuo ammasso di stracci.
Il giorno successivo osservò la bambina che, in prossimità della curva, si raggomitolò sul seggiolino. La donna frenò proprio di fronte al fantoccio, mise la bici sul cavalletto e afferrò la bimba che tremava, pallida come un lenzuolo. Entrò nel campo e si avvicinò allo spaventapasseri, stringendola a sé. Certo che era davvero brutto, con quella testa storta e i vestiti ormai laceri e marciti per la pioggia.
«Non c’è nulla di cui avere paura, vedi? E’ solo…»
Lo schianto fu così forte che, per istinto, la donna si piegò sopra la bambina per proteggerla; chiuse gli occhi e si inginocchiò nell’erba medica. Seguì un rumore stridulo, di ferro trascinato sull’asfalto, un tonfo metallico e le grida concitate di qualcuno.
Solo quando la campagna tornò silenziosa trovò il coraggio di voltarsi.
Una macchina era uscita di strada, ricadendo sulla pista ciclabile e travolgendo la bicicletta che ora giaceva, ritorta, al limite del campo.
Sara sollevò il viso e guardò lo spaventapasseri da vicino. Non era così brutto, in fondo. Il sorriso era simpatico e, per un attimo, ebbe perfino l’impressione che le facesse l’occhiolino.