Troppo tardi per combattere

Emulazione e fantasia: miscela esplosiva per avventure ai confini della luce. Un racconto di Manuel Piredda.

 
La figura immobile al centro della stanza buia si guardava intorno con l’attenzione di chi si sente braccato.
Intorno a lui le figure di stracci giacevano immobili nell’oscurità quasi completa, interrotta soltanto da occasionali fasci di luce che filtravano dalle finestre proiettando ombre contorte che danzavano sui muri.
 
Il cono luminoso colpì Luca per un istante, il corpo glabro completamente nudo coperto solo da un mantello rosso alla foggia degli antichi spartani, gli occhi chiari pieni di paura, i pugni stretti intorno alle sue armi: due lame di grafite pronte ad abbattersi su qualsiasi cosa si muovesse.
Fu in quel momento che lo vide: appena ritornata l’oscurità, gli stracci abbandonati alla sua destra presero le sembianze di un corpo deforme, la sagoma di una creatura d’ombra.
Luca sentì il cuore rimbalzargli nel petto, deglutì forte e per un momento pensò di chiedere l’intervento della Signora della Luce, ma si fece forza e decise di affrontare il proprio nemico da solo.
 
L’essere di stracci si mosse nel buio, avvicinandosi a lui in completo silenzio; Luca avanzò di un passo, poi un altro, i piedi nudi sul pavimento freddo lo facevano sentire vivo e il coraggio cominciò a montargli dentro.
Con un salto affondò la lama al centro della sagoma nell’ombra ma quella non emise alcun suono, era tornata a essere una pila di panni senza vita.
Luca scattò all’indietro mentre la stanza veniva inondata nuovamente dalla luce esterna, l’ombra di un albero si proiettò sul muro come una mano demoniaca, le nocche nodose protese verso di lui; il suo sguardo incrociò le immagini appese alle pareti che gli sembravano mostruose e distorte in espressioni di scherno; con la coda dell’occhio intuì un nuovo movimento mentre il fascio di luce abbandonava nuovamente la stanza all’oscurità.
 
Luca strinse forte il nodo del suo mantello e si preparò ad affrontare la cosa che si era mossa alle sue spalle, si girò di scatto pronto ad affondare le sue lame nel nuovo nemico quando un tentacolo teso al suolo gli afferrò la caviglia e lo fece capitombolare sul posteriore.
Era a terra, in mezzo agli stracci e alle creature ombra pronte ad assalirlo; una delle due lame si era spezzata durante la caduta e la sensazione di freddo sul posteriore era decisamente meno rivitalizzante che sulle piante dei piedi. Luca fece l’unica cosa che gli era rimasta da fare: si mise a piangere e urlare in cerca d’aiuto.
La luce inondò nuovamente la stanza, questa volta era potente e in grado di scacciare anche le ombre più spaventose, la Signora della Luce era affacciata alla porta.
 
«Luca, ma sei pazzo? Cosa ci fai nudo con la coperta sul collo? E sei anche inciampato sul cavo della stampante, ti sei fatto male?»
Il prode eroe si asciugò le lacrime e lasciò cadere le due matite che stringeva nei pugni, si alzò in piedi e corse ad abbracciarla.
«Stanotte lasciamo l’abat-jour acceso, la prossima volta che tuo padre ti fa vedere 300 lo sbatto fuori di casa!»

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