
La vita, la fantasia, la realtà, la fuga, le infinite possibilità della mente tra potere, creazione e follia. Semifinalista nella CENTESIMA EDIZIONE di Minuti Contati, un racconto di Eugene Fitzherbert.
Aveva firmato il suo primo quadro con lo pseudonimo di Brahma, il Dio della Creazione, seguendo un consiglio della sua Liz.
Divenne famoso: i critici adoravano la sua arte, fatta di segni sanguigni e profondi, con pennellate dure che tratteggiavano anime disperate perse nella loro angoscia. Aveva imparato a cogliere i dietro-le-quinte dell’esistenza umana: che fosse una Danzatrice, un Banchiere o un Professore, gli occhi dei suoi soggetti scintillavano di una luce feroce, devastata, specchio di una società malata.
Una mattina di gennaio, la sua Liz gli chiese di farle un ritratto. «Certo, mia Musa!»
Quando prese il pennello in mano, la natura di Brahma prese il sopravvento sull’Uomo che amava Liz e mise su tela quello che la ragazza mai avrebbe immaginato di possedere. La potenza di quel quadro, con i colori scuri che cozzavano con le tinte pallide della carnagione della sua Musa dallo sguardo spezzato, fu devastante,.
Non seppe mai cosa emerse dalle pieghe della mente di Liz, ma ad aprile la ragazza si sgretolò e seguì la via più breve che porta sul selciato.
Brahma ne fu distrutto.
Si dedicò solo a nature morte, paesaggi o oggetti inanimati e mai più avrebbe incrociato con il pennello lo sguardo di un essere umano.
Si rintanò nel suo attico, lavorando forsennatamente alla sua opera più monumentale e dettagliata: la ripresa panoramica della Città, grigia di cemento, sospesa in una luce crepuscolare, sconfinata: i palazzi alti del Distretto Economico, i Bassifondi di mattoni sbrecciati, giù fino alla vecchia Discarica.
Dopo sei mesi, guardando fuori dalla finestra da dove Liz aveva spiccato il balzo, la sua visione della Città era terminata. Con una conclusiva pennellata data con la violenza di un urlo trattenuto, Brahma appose la firma al suo ultimo quadro e si fermò ad ammirarlo. Adorava la completa assenza delle persone, con le loro ossessioni e la loro disperazione.
Staccò la tela dal cavalletto e la poggiò a terra, a faccia in su. Con movimenti misurati, salì sul tavolino dove faceva gli schizzi preparatori. Avvicinò i piedi al bordo, incombendo come un gigante sulla Città. Poi, quasi senza pensarci, fece un passo avanti, nel vuoto, verso quel metro e dieci centimetri che lo separava dal pavimento e chiuse gli occhi.
Avvertì solo una sollecitazione all’orecchio interno e si trovò per strada, nella via principale della sua Città, immerso in una luce quasi crepuscolare: da una parte c’erano i grattacieli del Distretto Economico, dall’altra i Bassifondi, e in fondo la Discarica.
Era finito dentro la Città che aveva creato!
Urlò per liberarsi dalla tensione emotiva che lo aveva ingolfato fino ad allora. Si mise una mano in tasca e trovò un mozzicone di matita. Si accovacciò e cominciò a tratteggiare il volto di Liz. ‘Il lavoro non è ancora finito…’ Lo sguardo allegro della sua Musa emerse dallo stesso selciato su cui si era frantumato. Quando lei gli sorrise, Brahma capì che si poteva rifare tutto da capo.
Lui era il Creatore, d’altronde…