Veni, vidi, WC

Un superpotere alquanto speciale in questo racconto di Eleonora Rossetti, vincitrice della Valter Lazzarin Edition, la Prima della Quinta Era.

 
L’uomo che sussurrava ai cessi.
Così amava definirsi Giulio, durante le pulizie notturne nell’autogrill. E i cessi erano ben felici di ciarlare. Lui si chinava sui water e ascoltava. Ogni pensiero di chi vi avesse fatto pipì o altro diventava un pettegolezzo da Grande Fratello, perlopiù inconfessabile, su cui farsi due risate.
Fino a quella notte.
Quel venerdì sera c’era troppo silenzio, a parte un bisbiglio proveniente da un loculo nel bagno delle donne. Giulio aprì la porta e si chinò sulla porcellana.
«Aiutatemi! Dove mi stai portando? Mamma!»
Una voce di bambina. Lui si pietrificò. Oh, merda… Cosa…?
La voce mutò in quella di un uomo che si chiedeva perché quella mocciosa continuasse a piangere, mentre ripeteva tra sé delle indicazioni stradali. Giulio se le impresse nella mente.
Non è possibile…
Eppure tutto tornava. Una bambina… rapita? Il suo rapitore che faceva pipì nello stesso bagno per non perderla di vista?
Assurdo. Ma doveva capire. Uscì dall’autogrill senza nemmeno avvertire, saltò in macchina e imboccò l’autostrada.
 
Le indicazioni portavano a un motel. Giulio parcheggiò sul retro e si avvicinò alle finestre del piano terra, cercando di sbirciare attraverso le tende. Proprio quando gli parve di avvertire un mugolio soffocato, qualcosa emerse dalle persiane e lo trascinò dentro. Sbatté col mento a terra, accanto a una bambina mezza svestita con la bocca e i polsi immobilizzati dal nastro adesivo.
«Odio i fottuti ficcanaso. Cosa faccio, ora? Ti ammazzo? O ti tengo per dopo?»
Giulio non fece neanche in tempo a rialzarsi. La mano dell’aggressore, un’ombra nelle tenebre, lo agguantò come un randagio e lo perquisì in fretta, requisendogli il cellulare e il portafoglio. Tenendolo schiacciato sul pavimento, gli fermò i polsi con il nastro e gli sigillò le labbra prima di schiaffarlo nel bagno e chiudere la porta a chiave.
Giulio si risollevò. Sentiva oltre l’uscio i gemiti disperati della bambina. Chiunque fosse lo stronzo, stava iniziando. E lui sarebbe stato il prossimo.
Adocchiò il water.
Che aveva da perdere? Finora aveva sempre ascoltato, perché non parlare per primo?
Contorcendosi come una serpe, riuscì a far scivolare i jeans e le mutande, si sedette sulla tazza e liberò tutto ciò che poteva, con la paura a fargli da lassativo.
Aiuto! pensò con forza mentre andava di corpo. 113! Mi sentite? Sono prigioniero al Bougie Hotel, km. 6 della A4! C’è anche una bambina! Venite, presto!
 
La polizia irruppe una ventina di minuti dopo, proprio quando si stava convincendo di dover offrire un tributo più corposo per avviare una vera comunicazione. Se tra i poliziotti ci fosse un altro sussurratore che aveva captato il messaggio, o se si fosse trattato solo di una coincidenza, Giulio non lo seppe mai. Rimase seduto sul water, fino a quando non arrivò anche la stampa e lo immortalò con le chiappe candide sulla tazza, con l’espressione di chi, per la prima volta, era quasi grato di essersela fatta sotto.

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