Black Friday

E meno male che qualcuno ogni tanto ci ricorda quali sono i veri valori della vita e ciò per cui è giusto combattere. Un racconto di Patty Barale.

 
Kim aveva male alla schiena e alle gambe, lo stomaco iniziava a protestare rimpiangendo gli avanzi di tacchino del giorno precedente e soprattutto le scappava la pipì.
Ma doveva resistere, doveva farcela.
All’improvviso un fremito parve percorrere la folla che la circondava e Kim sentì il suo corpo minuto schiacciato tra due corpulente signore di mezza età.
Un brusio si era alzato dagli avamposti trasformandosi in un ringhio e poi, raggiunte le retrovie, in un ruggito famelico: avevano aperto le porte, il Black Friday era arrivato.
La ragazzina si sentì spingere, strattonare, colpire, schiacciare, spintonare e trattenere mentre con i gomiti aguzzi cercava di farsi strada in quel mare di carne umana.
Donne di mezza età dal fisico palestrato cercavano di farsi largo tra casalinghe sudate e dallo sguardo inferocito, mentre teenagers urlanti cercavano di sgusciare tra ragazzotti i cui soli muscoli ipertrofici erano quelli esercitati alla PSP e uomini solitamente miti caricavano come tori nell’arena.
Kim si sentiva soffocare, temeva di cadere e di finire calpestata, ma cercò di focalizzare il suo obiettivo, poi, urlando a squarciagola, spinta dalla marea umana, superò le porte a vetri.
Davanti ai suoi occhi un esercito di formiche sul piede di guerra che, arrampicate sulle scale mobili, sugli scaffali, tra gli espositori, faceva piazza pulita di tutto.
Non c’era tempo da perdere.
Questione di vitale importanza.
Sapeva perfettamente dove andare: diede una spallata a un cinquantenne in tenuta da harleysta che aveva puntato il settore “Capi in Pelle” e si lanciò verso le scale mobili spintonando chiunque si parasse sul suo cammino.
La folla trepidante saliva al lento passo della scala, pronta a scattare appena giunta al piano superiore.
Kim schizzò rapida verso il settore che le interessava: intensi corpo a corpo si stavano combattendo tra i cadaveri di scatole abbandonate sulla moquette rosso sanguigno, mentre donne scarmigliate si contendevano, a suon di tacchi fendenti, gli stivali più glamour della stagione, e uomini distinti tentavano di strangolare gli avversari con i lacci delle Prada dei loro sogni più segreti.
Poco più avanti, nel settore “Borse”, alcune ventenni di ritorno si contendevano l’ultimo modello Chanel, che, dal canto suo, rimpiangeva la dentatura del coccodrillo da cui era stata ricavata.
Kim si guardò intorno: il pavimento era un vero e proprio campo minato di scatole, cartacce, stand rovesciati. Un ultimo sforzo e la sua missione avrebbe avuto successo, il suo obiettivo era proprio dietro l’angolo, vicino ai camerini di prova. Inspirò profondamente e scattò, dribblò la bionda platinata che stava cercando di strappare una pochette Burberry dalle mani di una cicciona sudata, scivolò su una Jimmy Choo, si rialzò e svoltò l’angolo.
I camerini, di solito affollati, erano deserti: in guerra non si sceglie il bottino, si arraffa tutto!
La porta di servizio era chiusa.
Kim bussò forte.
L’addetta alle pulizie si affacciò: «Okay, Scommetto che devo correre al reparto profumeria a ripulire qualche danno, eh capo?»
Ma davanti a lei si parava una dodicenne sorridente :
«Stamattina sei uscita mentre dormivo e so che tornerai tardi oggi e io non volevo farti gli auguri al telefono! Buon compleanno, mamma!»

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