Copri-fuoco

Un sogno, una speranza, una luce che spacca le tenebre. Un miraggio. Secondo classificato nella Seconda Edizione della Quinta Era con Andrea Atzori nelle vesti di guest star, un racconto di Raffaele Marra.

 
La prima volta che la vide fu di notte. Era inverno, e quell’anno era difficile riuscire a non tremare. Adam si avvicinava di rado alla finestra, e mai con la luce del sole. Troppo rischioso, lo sapeva bene. Ma il desiderio di guardare al di là della sua grigia stanza a volte lo spingeva a quella piccola follia.
Quella notte lo sguardo impaurito non salì subito al cielo nero. Indugiò per qualche istante sulla finestra di fronte, al di là della strada.
Ella era lì, nella casa, lontana dai vetri. La vide per un solo istante, splendida e paziente. Il suo sorriso frugale fu immortalato in un attimo eterno, sottolineato da un lampo nel cielo. O forse da una bomba non troppo lontana.
Erano mesi che non vedeva una donna. Mesi che non vedeva un essere umano disposto a sorridere in quel modo. Adam restò a fissare il buio in attesa di una nuova luce, sapendo con certezza che ella era lì, dall’altra parte della strada, a guardare. Quella notte, per la prima volta, rimpianse che i lampi fossero finiti presto.
 
La cosa più difficile durante il giorno era pensare ad altro. Dalla strada, sei piani più in basso, saliva a volte il cigolio di lunghi convogli accompagnati da un vociare incomprensibile ed ostile. Altre volte il silenzio del suo nascondiglio veniva violato dal fragore della marcia di centinaia di soldati muti e sconosciuti. Ed ecco che il pensiero lo invadeva e una mano invisibile gli stritolava lo stomaco fino a farlo schizzare in gola a soffocarlo.
Ma in quei giorni imparò a sognare la donna della finestra di fronte, il sorriso calmo, gli occhi rassicuranti. La vide altre volte, sempre di notte, sempre per pochi istanti di bagliore lontano.
Egli vedeva lei. Ella vedeva lui.
 
Quando scese le scale, le gambe cigolavano quasi quanto i convogli del giorno, il cuore ripeteva accelerati i boati della notte. Raggiunse il portone ormai divelto, scavalcò le macerie e uscì. Non ci doveva essere ronda, non più. Nessuno poteva immaginare che qualcuno continuasse imperterrito a rifugiarsi come un topo in quella che un tempo era stata una gloriosa città.
Attraversò la strada, quindi superò il portone di fronte, aperto come per tutte le altre case. Salì le scale e quando capì di essere davanti alla porta della donna si passò una mano tra i pochi capelli facendosi coraggio.
Entrò.
La luce di una piccola torcia lo aiutò a percorrere il corridoio fino alla stanza. Spinse lentamente la porta chiedendo permesso, nella speranza che non urlasse.
Ella non urlò.
La stanza vuota accettò la fioca luce e il respiro rotto con fredda indifferenza. Adam si girò intorno, sperando che il fascio giallognolo della torcia non lo tradisse. Poi la vide.
Sorrideva come al solito, nella medesima posizione in cui l’aveva vista le altre volte.
Adam socchiuse gli occhi confuso. La donna raffigurata nel quadro, ovviamente, non reagì in alcun modo.
Eppure, proprio mentre dalla scala salivano i passi e le urla del nemico, Adam ebbe la sensazione che la donna dipinta, in qualche modo, stesse per piangere.