
Scrivo sia di giorno che di notte. Ed ho sempre scritto. Sin da quando ero bambino. Ricordo con tenerezza quando , tenuto a vista dallo sguardo severo di Suor Brunilde vergavo le mie prime lettere. Eravamo con gli altri bambini facendo dei lavoretti per la festa della mamma cioè un cuore fatto con le mollette da bucato da usare come sotto-pentola. Chiamai Suor Brunilde e le chiesi di insegnarmi le lettere e le parole. Il mio lavoretto alla fine è stato l’unico che aveva la scritta al centro
MAMMA TVB
Da allora a me ed ai miei genitori è stato chiaro che il mio futuro sarebbe stato la scrittura. Ogni volta che esce un mio libro c’è una fila in libreria che nemmeno le Rockstars. Mio padre c’è rimasto male che io non volevo scendere in campo come lui. Ma io gli ho detto:
– Papà a te ti piace la politica mentre a me…. io preferisco la narrativa. Mio padre, che non era ancora sottosegretario ma allora era solo assessore, ci è rimasto un pò male. Ma poi ha capito. Infatti è stato il primo a credere in me fino in fondo.
Addirittura alle elementari non ti viene di persona al colloquio con la maestra, invece di mandare la tata!!!!! C’era stato un qui prod quo e nonostante io mi ero impegnato tantissimo nei temi e nei dettati la maestra Razzi mi aveva valutato con una pessima valutazione.
Mio padre però le ha fatto capire il mio amore per le belle lettere. Mi ricordo che erano rimasti parecchio a discutere da soli nell’aula del ricevimento. Da quel giorno sono sempre stato il primo della classe ed i miei temi la maestra addirittura lì sentiva talmente suoi che spesso me li impreziosiva con parole e frasi del suo e poi li leggeva a tutta la classe.
Non so che fine avrei fatto se non avrei incrociato sulla strada i miei maestri di vita e qui ci tengo a ricordare il De Marinis prof d’italiano delle medie che mi suggeriva i versi amorevolmente e che mi chiamava il suo piccolo Dante , la Crisquolo appassionata di Leopardi e che dava ai miei temi quel nonsoche di sfiga profonda, e in ultimo quel grande accademico che è stato poi il mio mensore degli anni della Università, con cui discussi la mia tesi sulla bontà d’animo del vampiro a partire da una attenta lettura della saga di Twilight, e cioè il Di Salvo.
Per questo ci tengo a citarli quì ed a dedicare a loro questo mia autobiografia.
La lettura si conclude con un singhiozzo.
Allontani il foglio dal volto del professor Di Salvo.
Con un fazzolettino di carta gli detergi uno zigomo. Lui non può farlo, è legato alla sedia.
Non ci prova nemmeno a dire qualcosa. Sa che è inutile.
Non è servito a Suor Brunilde che, dopo aver letto ad alta voce, ripeteva “Sono innocente”, mentre le sue interiora uscivano dalle incisioni a forma di T, di V e di B che le stavi praticando con una sgorbia sul ventre.
Non è servito alla Razzi. Le hai aperto la scatola cranica con un seghetto elettrico da macellaio. Con forchetta e coltello hai estratto la sua materia cerebrale e l’hai spalmata, con molta cura, pagina per pagina sul manoscritto in modo che ci fosse del suo a impreziosire tutta l’autobiografia.
L’ultima cosa che ha detto è stata «gh gh» la penultima «che cosa avrei potuto fare?»
Anche il De Marinis ha proferito la sua velleitaria arringa difensiva. Ma il divaricatore dentale che aveva in bocca gli impediva di articolarla a dovere. Allora hai iniziato a inserire nel cavo orale manciate di foglie di alloro e, a quel punto, finché è stato cosciente, c’è stato spazio solo per i conati.
La Crisquolo, invece, dopo la lettura del foglio, ha cominciato a recitare ossessivamente l’Atto di Dolore legata nella vasca piena di acqua marina. E’ svenuta un attimo prima del contatto con la Cubomedusa. Non saprai mai quanto dolce le sia stato il naufragar.
Prendi dalla scrivania i tre grossi volumi. Il rosso e il bianco contrastano il nero della copertina.
Meni un colpo forte sul paletto di frassino con il primo volume, ma è solo con “New Moon” che si apre la ferita. “Eclipse” percuote il legno con la violenza di una mattonata, percepisci che la punta del cuneo si è fatta strada tra le costole.
Con “Breaking Down” devi picchiare parecchio forte prima che il cuore sia trafitto e il Di Salvo esali l’ultimo respiro.
Sai che non hai ancora finito.
Manca un’ultima cosa.
Ti siedi alla scrivania, riprendi il foglio e lo guardi.
Nella parte finale dello stampato c’è una nota scritta a penna.
Leggi ad alta voce ai cadaveri che hai intorno.
Ciao Mario, ti invio questa mia introduzione da inserire come principio della mia propria autobiografia.
Mi pare che l’ho scritta abbastanza bene e quindi credo che sia facilmente edibile.
Non c’è scampo. Mario è il tuo nome e nemmeno tu sei innocente.
Prendi il foglio, lo appallottoli, ne strappi un’abbondante porzione con i denti.
Mastichi e ti sforzi di inghiottire.
Non è per niente facile e per aiutarti innaffi il tutto con una abbondante sorso di veleno.