
Echi di battaglie passate, sorrisi di giovani senza memoria… La vita che si spegne nel rumore dell’indifferenza. Un racconto di Francesco Nucera.
I piedi di Orlando strisciano sulle piastrelle di marmo lucido. Tutto il corpo pesa più del dovuto, ha la testa confusa, ma non è colpa del Lambrusco; quello non lo servono più da anni.
Alza lo sguardo verso il bancone, solleva la mano e saluta “M”.
“Ormai non c’è più nemmeno il tempo per pronunciare tutto il nome, altro che comizi” pensa.
«Ciao “Che”» risponde M aggiustandosi il colletto della camicia.
“Già, la camicia” Orlando guarda la sua maglietta rossa piena di patacche e si vergogna. Si volta attento a schivare il flipper, ma al suo posto c’è un Videopoker.
“Occupa meno spazio e produce di più” ricorda di aver sentito qualcuno mentre lo diceva.
Apre la porta, anzi no, si apre da sola perché la fotocellula l’ha anticipato. Sorride, sta diventando troppo vecchio. Si appoggia alla balaustra della scalinata esterna e guarda in basso, la musica è assordante. Trattiene le lacrime pensando ai tavoli e alle panchine che c’erano lì un tempo. Lui e Fidel, era così che chiamavano il suo amico Giulio, stavano fino all’alba a parlare di marxismo.
“Bei tempi andati”.
Ora lo spazio all’aperto è occupato da un piccolo mixer, che fa scatenare i ragazzi.
“Al giorno d’oggi è così che si procacciano i voti.” Si guarda le mani e pensa a tutta la colla che ha dovuto lavare via con la trielina. Se si impegna può ancora sentirne l’odore, ma ormai le affissioni si fanno su Facebook e Twitter.
“Prima o poi mi iscrivo” pensa scendendo il primo gradino. Il ginocchio destro gli cede, ma ci pensa la balaustra a sorreggerlo.
«Salutate “Il Che”, che anche stasera ha fatto il pieno» dice DJ S. da dietro il mixer. I ragazzi si voltano e sghignazzano, è la loro mascotte e gli vogliono bene come se ne vuole a un nonno rintronato.
Dall’alto solleva il pugno sinistro: «Hasta siempre» dice ad alta voce, ma la musica è troppo forte perché possano sentirlo. La folla non lo guarda più, ha ricominciato a ballare.
Arriva in fondo ai gradini affaticato, è molto stanco, lo è da giorni ormai. Il medico gli ha prescritto delle visite e molto riposo, ma la guerra contro l’ignoranza non dà soste e lui torna tutte le sere al circolo e cerca di tramandare alle nuove leve i principi partigiani di suo padre. I colori stanno cambiando, adesso è il verde quello dell’odio, ma per lui conta solo il rosso, quello del cuore, che inizia a fargli male. Gli manca il fiato, porta la mano al petto e sbianca. Arranca, perde l’equilibrio e cade all’indietro.
«Ehi Che, hai fatto baldoria come sempre.» Un ragazzo passa, gli tira un buffetto sul mento e va oltre.
“Sono sei anni che non bevo più, da quando il Vodka Lemon ha preso il posto del Lambrusco” vorrebbe dire, ma il dolore gli impedisce di parlare.
Una lacrima gli riga la guancia, è triste; non perché sente che sta lasciando il mondo, ma perché sa che da domani nessuno parlerà più delle lotte proletarie. L’unico che starà bene sarà lui, che potrà finalmente sedersi a un tavolino con in mano un bicchiere di quel vino troppo frizzante e fruttato, ma che sa di “compagno”, e potrà ancora parlare di Marx con il Suo amico Fidel.
I commenti sono chiusi.