Il biglietto

Non si vive di sola speranza, ma probabilmente aiuta. Sesto classificato nella Quarta Edizione della Quinta Era con Gianluca Morozzi nelle vesti di guest star, un racconto di Maria Rosaria Del Ciello.

 
«Quante volte ti ho detto che non ha senso?»
Raffaele continuava a rimproverare Anna che giocherellava con le molliche di pane sulla tovaglia.
«Lo sai che mi piace. E’ un modo per tenere viva la speranza.»
«Ma che speranza e speranza! Lo sai come dice il proverbio? Chi di speranza vive…»
«Sì, lo so, disperato muore, ma per me la morte è ancora lontana, Raffae’, fidati.»
Anna si alzò, mise le tazzine da caffè ormai vuote nel lavello e iniziò a rassettare la cucina.
Ogni anno era la stessa storia. Lei comprava i suoi due biglietti della lotteria, oramai una tradizione, non le pareva Natale senza quei biglietti. Raffaele borbottava tra sé, e anche fuori di sé, e snocciolava complicati calcoli statistici per dimostrare alla moglie che i soldi spesi in quell’acquisto erano soldi buttati.
Quell’anno, però, Anna era particolarmente fiduciosa. “Se lo sentiva”, come diceva lei e una vincita, anche di un premio minore, uno di quelli da centomila euro, le avrebbe fatto comodo. Voleva fare tante cose, tante cose che le sarebbe piaciuto mettere a posto. Più di tutte, acquistare quella casetta fuori paese che li avrebbe messi al riparo, almeno un po’, dai disagi della loro vecchiaia.
Era il 7 gennaio, aveva acquistato il quotidiano e una volta a casa, si era messa a sfogliarlo con ansia alla ricerca della pagina in cui era stampata la lista dei biglietti vincenti. La trovò, chiamò Raffaele e cominciò a scorrerla.
Per poco non svenne e Raffaele fu pronto a sostenerla quando lei, con un filo di voce, aveva sussurrato “Abbiamo vinto” e si era accasciata sulla sedia.
 
Anna era seduta, lo sguardo fuori dalla finestra, le spalle alla porta. Raffaele era entrato, come ogni giorno, aveva posato un mazzo di fiori sul tavolino. Aveva adagiato il cappotto su una poltrona ed era rimasto in piedi, lì, in mezzo alla stanza. Chissà se lei si accorgeva della sua presenza, chissà cosa pensava, chiusa in quel mutismo da mesi. Il rumore improvviso della porta lo aveva distolto, mentre Anna aveva continuato a guardare fuori, verso i monti e la nebbia adagiata sui campi.
«Buongiorno dottore» Raffaele strinse la mano all’uomo in camice.
«Buongiorno Raffaele, come andiamo? »
«Come sempre, dottore. Sembra persa. »
«La ritroveremo, vedrà, abbia fede nella medicina. »
Raffaele accennò un sorriso, non era molto convinto che la scienza gli avrebbe ridato la sua Anna.
Per un attimo ripensò ai battibecchi tra loro, al suo scetticismo, alla sua mancanza di fiducia. Allora comprese quello che forse ci voleva per riavere la sua Anna.
Rimise il cappotto e uscì dalla stanza mentre il dottore si rivolgeva alla moglie.
«Anna, come va? La prendiamo la pillola oggi? Sì, certo, adesso viene l’infermiera e le porta anche l’acqua. »
Raffaele era sceso in strada. All’angolo c’era un tabaccaio. Era quasi fine dicembre. Chissà se ne avrebbe trovato uno. Entrò nel negozio e si rivolse all’uomo dietro al bancone: «Un biglietto, per favore. Un biglietto della lotteria… »