
Un estratto da “Striges”. Un capitoletto costruito come un racconto breve e che bene esplicita il tema scelto da Barbara Baraldi per l’edizione di Minuti Contati di cui è stata guest star.
Ogni periodo della mia vita è legato a un brano musicale. Come l’estate di tre anni fa, quando avevo passato un mese intero a casa di zia Elena. Avevo preso l’ultimo treno del pomeriggio, ed ero arrivata in stazione a Como che era già buio. Ma a quel punto mi aspettava una sorpresa: mia zia non era venuta a prendermi. Avevo dovuto chiamare un taxi, e non appena mi ero sistemata nel sedile posteriore era partita una canzone che non avevo mai sentito prima.
Take me out, tonight, recitava la prima strofa. La voce era colma di malinconia, ma seducente. I never never want to go home, because I haven’t got one. Any more.
Era così che mi sentivo. Senza più una casa, perché la mia non erano quattro mura, ma il sorriso di mia madre. Era lei che teneva insieme la famiglia e che mediava tra i caratteri spigolosi di me e papà. La canzone scivolava via, come la strada sotto di me. Il lago era uno specchio argentato, liscio, senza increspature. Sembrava che niente potesse scalfirlo.
In quel momento, da sola, in quel taxi, successe un piccolo miracolo. Ero riuscita a piangere. All’inizio piccole lacrime come gocce di rugiada, poi era stato come se un argine dentro di me si fosse rotto. Avevo iniziato a singhiozzare, incurante di quello che poteva pensare l’autista. Quel giorno, per la prima volta dopo più di un anno che mia madre se n’era andata, mi ero resa conto che ero ancora viva. Che non ero morta insieme a lei, ma potevo ancora provare emozioni.
There is a light that never goes out, ripeteva il ritornello. Avevo pensato che la luce dentro di me non si era spenta. Avevo ascoltato quella canzone ogni giorno, quell’estate. E quasi ogni giorno avevo pianto. Per la mia vita che era stata stravolta, e perché sapevo che quello che avevo perduto non sarebbe ritornato. Che sarei cresciuta senza di lei al mio fianco, senza i suoi consigli, senza il suo viso dolce. Che mi sarei addormentata ogni notte senza il suo bacio della buonanotte, e al risveglio avrei dovuto prepararmi la colazione da sola.
Fino a quel momento la rabbia mi aveva impedito di accettare che l’avevo persa. Avevo creduto che il mio cuore si fosse indurito come una pietra. Quel giorno, avevo capito che poteva ancora sanguinare.
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