
Una sedia rossa che doveva essere bianca, una scintilla per la libertà. Settimo classificato nella MANUALMENTE LIVE EDITION con Consolata Lanza nelle vesti di guest star, un racconto di Jacopo Berti.
Gentile signorina Horkheimer,
la prego di non credere ch’io sia uscito di senno se, contrariamente a quant’è consuetudine, le scrivo di lunedì anziché di giovedì.
Oggi, sul lavoro, alla Gilda per le Delibere e le Certificazioni, è stato un giorno molto speciale.
Come le accennai quel dì che c’incontrammo all’Ufficio per l’Emissione dei documenti di Istituzioni Gamma, noi impiegati del distretto A conduciamo – siano ringraziate le Gilde – una vita ordinata e costante. Timbriamo il cartellino alle otto del mattino, recuperiamo le pratiche pervenute tramite mezzo posta, le portiamo nel nostro ufficio personale; ogni lunedì certifichiamo la conformità dei suppellettili e del materiale di cancelleria che settimanalmente vengono consegnati igienizzati o, nell’eventualità, sostituiti dalla ditta preposta a farlo.
Appesa la mia giacca antracite e il cappello dalla tesa di tre centimetri all’ ☑appendiabiti in alluminio posto all’ingresso, poggiai le partiche sul ☑ tavolo di alluminio con ripiano in formica grigia, accanto al ☑set composto da numero 3 matite ☑ un temperamatite e ☑ numero 2 penne nere. Verificai la presenza a lato di ☑ numero 2 gomme per cancellare e di una ☑ risma di fogli A4 ancora avvolta nell’apposito incartamento. Al centro del tavolo vi era una ☑ macchina per scrivere modello Ordine32 e il relativo ☑ nastro a inchiostro. Controllai anche il ☑ timbro recante il numero del mio ufficio GDC#432, e il relativo ☑ tampone con inchiostro nero. Tutto sembrava a posto.
Coll’intento di accomodarmi, scostai da sotto la scrivania la sedia in alluminio con seduta in formica grigia e per poco non mi sentii male. La seduta era in formica rossa!
Stavo per affrettarmi a riferire la grave irregolarità, ma qualcosa mi spinse ad indugiare. Mi sedetti sulla sedia rossa con l’intenzione d’indugiarvi solo qualche istante, ma poi vi trascorsi l’intera giornata lavorativa, come se non fossi in me stesso.
Di fronte alla superficie lucida della sedia in formica rossa, non ho potuto pensare che a lei, alla piega perfetta dei suoi calzoni che si sfa, ai suoi capelli raccolti che si sciolgono, mentre trova posto, con me, per me, su quella sedia, contravvenendo alle disposizioni sul carico massimo e ad altre molto più stringenti.
So che la prassi prevede che si resti in contatto epistolare per esattamente sette cicli di lavoro prima di procedere a tutte le pratiche…
Forse sono, sì, uscito di senno. Per lei. Oso chiederle, dunque: vorrebbe quindi procedere alla compilazione congiunta del modulo R/4N7? O, come avrebbero detto i nostri nonni prima dei Grandi Disordini – che le Gilde sempre ce ne liberino -, vuole sposarmi?