
Un racconto che riecheggia di Storia: una Storia che sa di presente e di futuro perché si sa, l’uomo cambia, ma non cambierà mai. Vincitore della Strukul Edition, un lavoro di Erika Adale.
Spensero il fuoco ed entrarono nella grotta.
I bambini si sparpagliarono nella caverna, inseguiti dai cacciatori. Le voci si spensero come tizzoni nel buio. Il piccolo, inciampato dopo pochi passi, era stato trafitto, i riccioli grondanti di rosso. Pregai la montagna di nascondere quegli uccellini, ma sapevo che non li avrei più sentiti.
Avevo afferrato la lancia; la donna si riparava alle mie spalle, ringhiava, soffiava. Indietreggiavamo, un passo alla volta, pronti a graffiare, mordere con i denti affilati. Ma i cacciatori erano troppi e noi, giunti alla roccia viscida, non avevamo via d’uscita.
Mi strapparono la lancia, mi gettarono a terra. Non mi avrebbero ferito, ero un buon cacciatore, le mie braccia portavano carne. Volevano solo lei, la maledetta, capace di mettere al mondo piccole volpi. Allungai una mano e cercai di sfiorarla.
L’avevo vista per la prima volta mentre pescava rane. L’avevo seguita lungo il canneto, scrutandone i movimenti, le gocce che le scorrevano sulla pelle. Un ramo spezzato le aveva fatto sollevare gli occhi, vivaci come l’acqua impetuosa. Mi aveva guardato mentre il cuore mi batteva come durante la caccia. Era inerme e morbida come un coniglio, ma tremavo come mi era capitato di fronte ai lupi. Mi aveva appoggiato la mano sul petto, reclinando il capo. Mi aveva scelto come compagno e il fiume fu testimone.
La primavera partorì un piccolo, con occhi chiari. Il ventre era già gonfio del successivo quando al primo spuntarono i peli rossi. Iniziò la siccità. La terra era dura, secca. Qualcuno disse che era colpa della piccola volpe nata nella caverna. Al secondo i peli rossi spuntarono anche prima e i cervi si ritirarono nel bosco, dove nessuno aveva il coraggio di cacciare. Sperai che il prossimo avesse capelli come penne di merlo. Lei stringeva orgogliosa le piccole volpi, il suo ventre era gonfio del terzo. Sgravò di notte, la luna illuminò un altro volto di latte. Quando quella testa si coprì di rosso, gli alberi si ammalarono. Un altro figlio delle volpi aveva recato disgrazia.
La trafissero e vidi una punta di pietra sbucare dal ventre. Gli occhi le erano diventati torbidi come acqua stagnante.
Mi alzai, mentre un cacciatore cercava d’estrarre la lancia puntandole un piede nella schiena. Barcollai, abbracciai la mia donna e mi lasciai cadere sull’ossidiana affilata.
Nel 2007 a Valdaro, presso Mantova, nell’ambito degli scavi di una villa romana, è stata rinvenuta la sepoltura neolitica di un uomo e una donna. Gli scheletri, pressoché integri, erano stati tumulati viso contro viso, gli arti superiori ed inferiori sovrapposti in ultimo, eterno abbraccio.
I commenti sono chiusi.