Stay hungry, stay doomed

Conseguenze di azioni che ci si trascina dietro per l’eternità… Il racconto di Linda De Santi vincitore della Special Seven Edition di Minuti Contati.

 
«Te lo dico subito, Dino, sono incazzato nero.»
Dino, appena entrato nell’ufficio del capo, si sedette, rosso in faccia.
«Cosa vi ho sempre detto? Non importa se la gente non compra alla prima, l’importante è che ci conosca. Che SAPPIA CHE CI SIAMO. Ora, mi domando: se ho due commerciali su Firenze, perché devo sentire da mia zia che la sua amica Ada, che guarda caso è di Arcetri, ha comprato il Crystal perché la PureWater non l’ha neanche mai sentita nominare?»
Dino non sapeva cosa rispondere. Sudava freddo e si torceva le mani. Se solo ci fosse stato anche Ricci lì con lui! In due avrebbero saputo difendersi meglio. Doveva ammalarsi proprio quel giorno?
«Voglio la verità, Dino. So che tu e Ricci vi siete spartiti le zone di Firenze. Chi di voi aveva Arcetri?»
Dino continuò a tacere. Lui e Ricci non avevano fatto spartizioni fisse, si mettevano d’accordo di volta in volta, in base a chi aveva più voglia di lavorare…
«Sarò onesto, Dino. Le cose non vanno bene e due commerciali su Firenze sono troppi. Chi aveva Arcetri? Considerala una domanda da cui dipende il tuo posto di lavoro.»
Ricci era un buon amico, non meritava di essere licenziato. La cosa più giusta sarebbe stata ammettere che la responsabilità era di entrambi e affrontare le conseguenze.
Ma Dino non poteva permettersi di perdere il lavoro. Mangiava per tre persone e aveva bisogno di soldi per sostentarsi. Deglutì, chiedendo mentalmente scusa al collega.
«Allora? Sto aspettando una risposta!»
Quanto avrebbe voluto un krapfen.
 
Quella sera Dino vagava inquieto per la strada. Il primo giorno ad Arcetri era andato male, su dodici persone dieci non gli avevano neanche aperto la porta.
Gironzolava già da un’ora alla ricerca di un posto in cui mangiare per rifarsi della giornata, ma ad Arcetri sembravano esserci solo gatti e bidoni dell’immondizia.
Aveva una fame tremenda e quel lungo girovagare tra i vicoli bui gli dava sui nervi.
«Consolati, Dino» si disse, «oggi sei scampato a un incidente che poteva finire male. Avresti potuto non essere qui stasera, perciò sii contento almeno di questo.»
Durante il viaggio in treno, Dino aveva sentito una scossa e il paesaggio fuori si era come inclinato. Le porte si erano bloccate, era dovuto uscire dal finestrino e la cosa era stata tutt’altro che divertente: la pancia gli si era impigliata ovunque.
«Chissà se è Ricci che mi manda gli accidenti!»
Scorse un bagliore in lontananza. Svoltò l’angolo e si trovò davanti a un piccolo fast food. Entrò e si sedette.
«Buonasera» lo salutò il ristoratore. «Cosa desidera?»
Dino scorse rapidamente il menù con gli occhi. C’erano hamburger, hot dog, pizza e lasagne. Si leccò i baffi: il suo cibo preferito.
«Prendo le lasagne.»
«La devo informare che al momento siamo molto impegnati.»
Dino si guardò attorno: oltre a lui, nel locale c’erano altri due clienti.
«Dovrò aspettare molto?»
«Quindici minuti al massimo.»
«Va bene.»
Sospirò: i morsi della fame lo tormentavano.
«Il signore prende intanto qualcosa da bere?»
«Acqua naturale, grazie.»
L’uomo annuì e sparì sul retro. Dino si mise in attesa. I due tipi che, insieme a lui, occupavano il locale, mangiavano di gusto due pizze quattro formaggi.
Il ristoratore tornò. «L’acqua la vuole fresca o a temperatura ambiente?»
«Fresca.»
Ricomparve con un bicchiere vuoto. Glielo diede e tornò a lavoro.
Dino lo osservò tagliuzzare con perizia un fascio di cipollotti. Fece scivolare il trito dentro a una ciotola, dunque si mise ad affettare un pomodoro.
Guardò l’orologio.
«Mi scusi, ci vuole ancora molto?»
«Mi spiace, signore. Siamo molto impegnati, stasera.»
«Posso avere almeno l’acqua?»
«Oh, ma certo. Non gliel’ho portata?»
«Mi ha dato solo il bicchiere.»
«Arriva subito.»
Sparì di nuovo. L’odore di pizza e il ruminare delle fauci dei due tizi seduti vicino a lui gli faceva girare la testa. Il suo stomaco si lamentò.
«Mi scusi» tornò ad affacciarsi il ristoratore, «la vuole fresca o a temperatura ambiente?»
«E’ lo stesso» rispose Dino, irritato.
Un uomo entrò nel locale. Il ristoratore ricomparve.
«Salve, signor Ricci! Il suo ordine è pronto!»
Dino si voltò a guardare il nuovo arrivato. Si chiamava come il suo ex collega, il che gli ricordò che l’indomani avrebbe dovuto assolutamente riuscire a vendere almeno un paio di PureWater.
Il proprietario consegnò al cliente una pila di pacchetti e lui se ne andò lasciando dietro di sé un profumo delizioso di cibo. Di proposito Dino sbuffò sonoramente, e quasi traballò sulla sedia quando vide il ristoratore rimettersi ad affettare le verdure con la massima tranquillità.
«Me la porta o no quest’acqua?» Protestò. «E le lasagne? E’ più di mezz’ora che aspetto!»
«Oh, mi perdoni» disse lui, e sparì di nuovo sul retro.
Fissò il bicchiere vuoto. Stava morendo di fame. In che posto era capitato?
«Mi scusi. L’acqua la vuole fresca o a temperatura ambiente?» gli chiese il ristoratore.
«Mi prende in giro?»
Un’ondata di succhi gastrici gli si rovesciò nello stomaco, causandogli una fitta di dolore. Si piegò con una smorfia, sentendosi debole per la fame.
Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di mangiare quelle maledette lasagne. Anzi, avrebbe dato qualsiasi cosa pur di mangiare un piatto qualunque: pizza, panini surgelati, topi di fogna.
I due clienti vicino a lui continuavano a mangiare di gusto, inghiottendo rumorosamente boli di delizia formaggiosa. Quanto ci mettevano a finire? Li guardò: avevano lo stesso taglio di capelli di Ricci. Che coincidenza…
Quando lavorava ancora alla PureWater, Ricci lo accompagnava spesso al ristorante in pausa pranzo. Era l’unico a non scandalizzarsi del fatto che Dino mangiasse tre primi, due secondi e il dessert. Lo assalì il senso di colpa verso il suo vecchio collega. Che fine aveva fatto? Gli sembrava passato un secolo da quando l’aveva visto l’ultima volta…
A dire il vero gli sembrava passato un secolo da quanto era entrato in quel fast food. Secondo il suo orologio era arrivato da poco, ma lui aveva l’impressione di essere lì da un’eternità.
Appoggiò la testa sul tavolo. Non ci vedeva più dalla fame. Eppure non poteva andarsene, era l’unico ristorante aperto, non ne avrebbe trovato un altro a quell’ora. Doveva restare lì per tutto il tempo necessario…
«Quando arrivano le lasagne?» mugolò.
«Oh, questione di quindici minuti al massimo» rispose il ristoratore.
«La prego, mi dia qualcosa da mangiare…»
«Mi spiace, siamo molto impegnati stasera.»
Dino riaprì gli occhi e guardò il ristoratore. Si accorse che era identico a Ricci. Come aveva fatto a non accorgersi di una somiglianza tanto stupefacente?
Quando però la sua faccia si aprì in un ghigno diabolico, credette di scorgere una fila di denti aguzzi. Forse la fame gli stava facendo venire le allucinazioni?
«Il signore prende intanto qualcosa da bere?»
Gli tornò in mente l’incidente. Il treno aveva tremato e poi aveva deragliato, le valigie erano volate giù dai portabagagli, vetri rotti erano schizzati ovunque tra le urla dei passeggeri. Eppure lui ne era uscito vivo. Doveva essere contento almeno di quello…