Purgatorio personale

2019
 
Quel ciuccio nella pozzanghera è il mio. Lo raccolgo e me lo rigiro tra le mani.
«Signora! Le è caduto questo» grido a una figura che si allontana a passi affrettati sotto la pioggia.
La donna si gira, con il cappuccio calato a tappo. Occhi verdi che non ricordo di aver mai visto così vitali. Anche tu sei stata giovane, mamma.
«Grazie, non mi ero accorta» borbotta lei. Convenevoli confezionati per sconosciuti.
«Quanti mesi ha?» indico la testolina addormentata che sporge da sotto il piumotto rosso. Quello scricciolo sono io.
«Otto mesi» lei abbozza un sorriso. «Be’ grazie di tutto».
«Ancora una cosa, signora».
«Mi dica».
«Mi mancherai».
 
La scena mi scivola tra le dita, come sabbia di clessidra.
«Qui non ti va bene?» fa Lui con una sbuffata di zolfo.
«Troppo presto» scuoto la testa. «Milioni di strade aperte davanti: impossibile capire quale imboccare. Prosegui».
«Strano: tanti rivogliono la mamma quando muoiono. Ma come desideri…»
 
2049
 
Il cocktail bar è in chiusura.
Solo due ragazzi si stanno attardando a un tavolino e litigano peggio di gabbiani a una mattanza di tonni.
Mi avvicino.
«Voglio venire su Marte con te» sbotta lei.
«Saresti una distrazione, Veronica» Il ragazzo incrocia le braccia. «La missione ha la precedenza su tutto».
«Anche su di me?»
«Ho detto tutto» tuona lui. «Ho un’idea che ci permetterà di abbandonare questo pianeta, anzi, questo sistema solare di merda. Mi saresti d’intralcio nel realizzarla».
Scuoto la testa. Che coglione che sono stato quella volta. Se avevo da scommettere sulla donna giusta, sarebbe stata proprio Veronica.
La ragazza stira le labbra, livida: «Sei uno stronzo! Spero che ti esploda il razzo sotto il culo».
Quando lei se ne va mi siedo al tavolo, dove il ragazzo, più ubriaco di orgoglio che di spritz, fissa il fondo del bicchiere.
«Chi cazzo sei?» mi accoglie.
«Se ti dicessi che passerai il resto della vita a maledire quello che hai appena fatto?»
Quasi si stacca il labbro a morsi. Mi lancia uno sguardo al veleno.
 
La bestemmia che mi vomita contro evapora assieme al tavolino, in quel bar dove ho scommesso tutte le fiches sulla puntata sbagliata.
«Superbia e ira» ridacchia Lui.
«E rimpianto. Ancora adesso mi sento a pezzi per Veronica».
«Riprendi in mano la tua vita. Qui e ora!»
«No. Io ho sofferto, Veronica pure. Ma non le voglio così male da obbligarla a stare con me. Si è rifatta una vita. L’ultima volta che l’ho sentita mi ha detto di essere felice. Se non avesse attraversato tutto questo… chissà se lo sarebbe stata?»
«Io sono qui per la tua felicità» ribatte Lui, battendo i zoccoletti a terra. «Non per la sua».
«Tentatore…» sorrido. «Vai avanti».
«Quanto avanti?»
«A quando sono morto».
«Sarebbe una stu–stupidaggine» balbetta. «Se lo faccio non ti rimarrà altro da vivere. Rimarresti sospeso in una morte eterna».
«Fallo».
«Che Dio ti fulmini!»
 
2119
 
Dopo settanta anni avevo scoperto la teoria dell’iperspazio.
Volevo essere il primo a varcare la porta verso le stelle.
Se non fossi morto al collaudo…
Poi Lui si è materializzato.
Ho accettato la proposta che mi ha fatto: scegliere un momento della vita dove ricominciare. E dato che non mi ha neanche chiesto l’anima in cambio era una proposta irrifiutabile.
E sospetta.
Già, da ateo razionalista e bestemmiatore misantropo che sono, avrei meritato un girone tutto per me. A meno che il frutto del lavoro della mia vita non avesse ostacolato i Suoi piani: in una Terra in agonia, con l’umanità a un passo dall’estinzione, una scoperta come la mia avrebbe rivoltato la sorte dello scacchiere divino.
Cambiare il mio destino avrebbe evitato quell’eventualità.
Invece sono qui, nell’istante perpetuo in cui la vita mi abbandona. Riesco a vedere i parametri di navigazione che sono accesi sul computer di bordo. Mi sento un deficiente a non aver capito subito lo sbaglio. Ma l’errore è così banale che sono sicuro che i miei assistenti saranno in grado di sistemare il test per la prossima missione.
In qualche modo l’umanità si salverà.
Io rimarrò qui.
Né Inferno, né Paradiso: mi piace il mio purgatorio personale.