
Certa gente mi sta sulle balle a pelle. E voi siete fra questi.
Proprio vero, non ti puoi distrarre un attimo. Vai fuori città per concederti un weekend di relax e boom! eccovi, nell’appartamento di fronte. Mi è bastato vedere la targhetta con i vostri cognomi accanto al campanello per battezzare il mio nuovo inferno.
Siete da presepe, proprio: una coppia con due bimbi di pochi anni a seguito, due bestie urlanti da cui Satana potrebbe soltanto imparare.
Che mi avete fatto, mi chiederete? Niente. È questo il punto! Ci siete, e tanto basta.
Chi se ne frega se di sera alzate la TV a palla!
Chi se ne frega se lasciate la spazzatura nel cortile anziché buttarla nel cassonetto come fanno tutti!
Chi se ne frega se non sapete neanche stendere il bucato e di tanto in tanto mi trovo una mutanda penzolare sulla ringhiera del balcone, portata dal vento!
Non è questo!
È che voglio solo cercare di essere-un-buon-vicino!
Vi ho evitati sulle scale, sull’ascensore, ho fatto sì che non ci incrociassimo mai. Ma voi no, non avete capito l’antifona! Insistete, citofonate, bussate. Con quelle due piattole sempre appresso, il che rende tutto più difficile. Sono sicuro di avervi visto appostati addirittura alla portafinestra per beccarmi quando fumavo.
L’ho già detto che mi state sulle balle, sì?
Ma stasera non ve la faccio passare liscia. È il mio turno. Si può dire che ve la siete cercata, che mi avete indotto in tentazione.
Apro l’armadio e mi ci tuffo dentro. In un lampo, mi ritrovo nell’altrove e poi di nuovo nel mondo. L’armadio è diverso: vengo accolto dal profumo di lavanda, sono rannicchiato in un cuscino di vestiti di piccola taglia. Oltre le ante socchiuse la luce soffusa delle lampade inquadra i due bambini che si accingono a infilarsi il pigiama.
Tocca a me bussare, oh sì!
Toc toc, toc toc!
Fuggo via subito. Mi gusto le grida dei vostri figli dal mio appartamento. Magari sono fortunato e avranno abbastanza incubi, nei giorni a venire, da spingervi a trasferirvi. Potrei quasi prenderci l’abitudine.
Sono lì a pregustarmi la scena quando sento il campanello. L’euforia mi fa dimenticare ogni cosa e apro senza pensare.
Ed eccovi di fronte a me.
Quasi non ci ho creduto subito ed è per questo che mi avete preso di sorpresa. Complimenti ai riflessi della signora, aggiungo, dato che non mi dà il tempo di reagire. Con la chioma arruffata e gli occhi sanguigni, mi schianta a terra e mi trattiene con una mano sola. Mano che, d’improvviso, è irta d’artigli. Il suo braccio affusolato si sta riempiendo di pelo, il suo viso si contorce fino ad assumere fattezze lupesche.
«Certo che voi Babau siete proprio stronzi!» è l’urlo che mi trapana le orecchie. «E dire che li avevamo quasi addestrati a non fare più pipì sul tappeto!»