
Benjamin irruppe nel laboratorio.
Era sconvolto per ciò che aveva scoperto. «Dottor Martini?» Le console, i monitor e i generatori quantistici erano in funzione come sempre ma lo scienziato non c’era.
«Dottore? Ho una notizia terribile.» Superò la sala controllo e si recò in quella del Multi-quantizzatore.
Vuoto. La cabina trasparente era ammantata di una luminosità soffusa. Qualcuno l’aveva usata. C’era anche il caratteristico sentore residuo di plastica surriscaldata. Benjamin corse al terminale ed esaminò la cronologia delle attivazioni. La più recente era delle 15.42. Un brivido di paura lo attraversò come una scarica elettrica. «Dottor Martini?» chiamò ancora. Consultò il log d’accesso sul terminale e scoprì una notifica di servizio a suo nome. Cliccò senza indugio sull’icona della bustina stilizzata.
«Caro Benjamin» disse lo scienziato in un allegato audio, «mi dispiace. Alla fine la curiosità ha prevalso. Non potevo più aspettare. Ho aperto il varco. Ho scoperto un immenso spazio siderale al di là del nostro. Un nuovo sconfinato universo.»
Gli aveva promesso che non sarebbe stato avventato, invece…
Ormai il danno era fatto.
«Ho scansionato ogni frequenza, ogni emissione energetica» continuò lo scienziato, «senza trovare nulla. Poi ho ricevuto un segnale. Chiedono aiuto. Un pianeta vicino, insignificante, simile alla Terra. La trasmissione è molto disturbata. Sembra una catastrofe globale. Hanno le ore contate.» Una pausa breve che nascondeva timore e rammarico. «C’è tanto da imparare e da scoprire. La nostra visione della fisica cambierà. Ho deciso di andare. Mi hanno dato delle coordinate. Forse posso salvarli.»
Benjamin era pietrificato. Il dottor Martini si era perso in una dimensione sconosciuta. Forse era già morto. E non sarebbe stato l’unico.
«Troverò il modo di tornare» promise la voce nella registrazione. «Intanto, ti prego di continuare quello che ho iniziato. Sei un ragazzo in gamba. Sarai un grande fisico, ne sono sicuro.» Altra pausa, poi: «Ora devo partire.»
Rumore bianco.
Benjamin rimase impotente a chiedersi cosa fare. Si guardò intorno. Il laboratorio era diventato un deserto senza speranza.
In quel momento udì un ronzio, che aumentò rapidamente d’intensità. I tubi luminosi dentro il Multi-q si animarono. Benjamin si allontanò. Un lampo cromato annunciò la materializzazione di qualcosa. Il giovane si coprì gli occhi, poi quando il furore della luce si fu placato, tolse le mani. Lo scienziato era tornato. Aveva la faccia stravolta. Uscì dalla cabina e scoppiò in lacrime.
«È tutto finito» singhiozzò. «Non ho fatto in tempo. Una distorsione di Lorentz di straordinaria potenza…»
«… ha innescato una ridondanza multidimensionale nella struttura fine di Higgs che sta piegando lo spaziotempo su se stesso. La Terra è spacciata» finì Benjamin per lui.
Martini lo fissò stupito, tirando su col naso. «Ma come…?»
«Ero venuto a dirglielo. Ho rivisto le equazioni: il Multi-q è pericoloso. L’ultimo viaggio è stato fatale.»
«Dobbiamo cercare aiuto. Non c’è più tempo.» Martini corse in sala controllo e armeggiò con i computer.
La struttura dell’edificio gemette sotto i colpi di leggi fisiche impazzite.
Da una console eruppe una voce sporca d’inteferenze. «Mi sentite? Mi chiamo Ernesto Martini e vengo dalla Terra. Ho ricevuto il vostro segnale.»
A Benjamin si gelò il sangue nelle vene.