
Butto la valigia nell’autobus e salgo i gradini. Non c’è nessuno. Mi siedo accanto al finestrino.
Parti, dai! Oh no!
Ecco uno di quei vecchi che per salire due scalini ci mettono una vita intera. Guardo l’orologio: tredici minuti e perdo il treno. Muoviti vecchio ciccione!
Il panzone avanza barcollando e si siede di fronte a me. Onde di grasso danzano sulla sua panzona.
Le porte si richiudono… e si riaprono.
Eccheccazzo!
Un ragazzo indiano, con tanto di turbante, sale di corsa, percorre il corridoio tra i sedili e si lascia cadere su quello accanto al vecchio lumacone.
Il bus parte. Ok, prendo un respiro di sollievo.
Un grugnito, il trippone si agita sul sedile e indica i posti intorno a sé.
«Ma con tutto lo spazio che c’era, proprio qui vicino a me dovevi sederti?»
L’indiano stringe le labbra. Cazzo, con quella barba lunga è uguale a Sandokan. Il vecchio sbuffa.
«Certo. Perché dovresti capire quello che dico? Venite qui senza parlare una parola d’italiano.» Ridacchia. «Se io andassi in India, altroché se dovrei parlare l’inglese, e magari anche l’hindi.»
Sandokan lo fissa con gli occhi marroni, mette la mano in tasca, estrae un chewingum e se lo infila tra le labbra.
Il vecchio batte le mani. «Bravo, mettiti a ruminare, come le vacche del Gange, che venerate così tanto.»
Il giovane non reagisce, guarda fuori dalla finestra senza smettere di masticare. Mi metto anch’io a fissare il marciapiede, che scorre lentamente sotto di noi. Ma questo autista ha il piede fatto di piume! Accelera!
«Hanno fatto bene gli inglesi, a colonizzarvi.» Sibila il trippone. «Se non fosse stato per loro, adesso sareste ancora a dondolarvi dagli alberi con le scimmie.» Sventola la mano di fronte al naso. «E non vi lavate, vero?»
Sandokan aggrotta le sopracciglia. L’altro schiocca la lingua.
«Ti stupisci? So tutto sui sikh. So che portate il turbante perché non potete tagliarvi i capelli, ti sembra igienico?»
Il giovane alza gli occhi al cielo. Spero che non faccia cazzate, ci manca solo questo. Guardo l’orologio. Eddai, muoviti, autobus di merda!
Il vecchio sbatte la punta del bastone sul pavimento. «Quando ero giovane sono emigrato in Belgio, alle miniere, e come credi che mi abbiano trattato là?» Stringe i pugni, le sue nocche si imbiancano. «Come uno schiavo! Mica come facciamo noi con voialtri, che arrivate con le pezze al culo.»
L’autobus si ferma. Entra il controllore. Merda, non ho il biglietto! E chi aveva tempo di prenderlo?
Il panzone annuisce. «Vedremo adesso se almeno hai pagato la corsa, o se pensi che qui regni la legge della giungla, come a casa tua.»
Le sue parole mi colpiscono come uno schiaffo. Se il controllore mi fa la multa e mi fa scendere, perderò il treno.
Il vecchio prende il portafoglio, lo apre ed estrae il suo biglietto. Lo tiene tra pollice e indice.
Tutto accade in un lampo: Sandokan gli strappa il foglietto dalle dita e se lo infila in bocca. Il vecchio lumacone spalanca gli occhi e rimane immobile. Muove le labbra senza emettere alcun suono. Anch’io smetto di respirare. Questa non me l’aspettavo davvero.
«Titolo di viaggio, prego.»
Il controllore guarda il vecchio dall’alto in basso.
«Me l’ha mangiato l’indiano!»
Il giovane toglie dalla tasca l’abbonamento e lo sventola davanti a sé.
L’uomo in divisa si rivolge di nuovo al lumacone. «Se non è in possesso di un titolo di viaggio valido, alla prossima fermata dovrà scendere con me.»
Il panzone mi fissa. «Lei l’ha visto! Avanti!»
Il controllore mi guarda, aspetta che dica qualcosa. In effetti ho visto tutto…
Il treno. Perdo il treno.
Scuoto la testa. «Non l’ascolti, quello è matto.»
Il vecchio trema, la sua voce è rauca. «Bugiardo!»
Il controllore sbuffa. «Senta, la sua è la scusa peggiore che abbia mai sentito in trent’anni.» Indica l’uscita. «Scenda con me, sennò chiariremo tutto in questura.»
L’autobus si ferma. Il panzone si alza, emette un verso stridulo, agita le braccia.
Ma se ne vanno. E io l’ho fatta franca.
Le porte si chiudono. Si riparte.
Il sikh mi guarda coi suoi occhi neri, storce la bocca in un ghigno e mi fa l’occhiolino.
Guardo l’orologio. Ce la farò, anche se magari proprio all’ultimo secondo.
Grazie a Brahma, Shiva, e a tutti gli altri dèi farlocchi di questo Sandokan del cazzo, e sia benedetta la legge della giungla!