Il macellaio di via Torino

Coltello affilato

40 gradi. Civico 1176. Armindo corse su per le scale indossando un paio di sandali da quarantacinque, logori ed impolverati come le ciabatte di un cammelliere. Chiave nella toppa, spallata, la porta serrata alle spalle. Di fronte, il ritratto della Vergine Maria, occhi al cielo e mani giunte.
 
Qualche minuto prima, Rita, la signora di sotto. Abito impiastricciato, odore di polvere:
«È stato il tuo vicino a fare fuori il portiere, te lo dico io. È lui!»
«Lui, chi?»
«Il maniaco omicida, il macellaio di via Torino»
«Ma che macellaio… Quello l’ha accoppato qualcuno del giro brutto che frequentava…»

 
Ma quel tarlo… scava, scava. «Vuoi vedere che Rita c’ha ragione?»
Nel dubbio si chiuse dietro. Prima mandata, seconda mandata, catenella.
«Non ho mica paura io, però non si sa mai»
 
Doccia, acqua di colonia, TV. Aprì il frigo e trovó solo un pezzo di cacio ingiallito.
«Miseria ladra! Ho dimenticato di fare la spesa». Lo stomaco urlava vendetta. «Faccio un salto dal romagnolo». Guardò l’ora: mezzanotte e un quarto. «Se faccio una corsa, azzanno un panino con la soppressa».
Patapum! «Che è ‘sto trambusto?» Accostò l’orecchio alla porta. Silenzio. Aprì lo spioncino e infilò l’occhietto villoso.
«Me lo diceva mia madre: “cambia ‘sto binocolo, che non si vede un’acca…” Guarda, guarda, il macaco»
Il vicino. Tirava su con forza qualcuno, un bel manzo. «Madonnina. Ha accoppato un cristiano. Guarda, guarda… Una sagoma, di donna, di uomo, insomma… di umano! Sulle spalle, lo vedo, gronda sangue. L’ha sgozzato. Mamma, mamma, che paura. Lo spioncino si è appannato! Quant’è vero Iddio faccio un casino»
Armindo corse. A momenti m’ammazzo.
«Pronto, Carabinieri? Fate presto, hanno stroncato un cristiano! Come, chi? Il macellaio via Torino!». Clic.
«E mo’ che faccio?» Si grattò la nuca, «Questo andrà bene». Afferrò il battipanni. «Lo placco. Farlo fuori, no!»
Patapum! «Quello ha fatto una strage»
Allo spioncino, ancora. «Mamma, mamma… l’ha scotennato. Maria Vergine»
Armindo giunse le mani e guardò Sant’Antonio da Padova incorniciato.
«Dammi il coraggio». Mollò il battipanni e afferrò il mattarello «Questo è più robusto».
Catenella, seconda mandata, prima mandata, porta spalancata: «Molla l’osso, macellaio!»
Armindo: la canotta unta, croce greca al collo e il matterello sollevato al cielo.
L’altro: due occhi spiritati, la fronte perlata di sudore e un cosciotto d’agnello sulle spalle:
«Signor Armindo, che c’avete?».
Armindo: bocca aperta.
«Qualcuno fatto scherzo brutto».
Il macaco parla italiano.
«Tolto corrente, tolto corrente»
Il pianerottolo un lago di sangue. «Che fai con un quarto di bue poggiato alla porta?»
«Sono rovinato!».
Da lontano la volante urlava nella notte. Mustafà piangeva come un bambino, piegato dal peso di un mazzo di fiorentine halal. Curvo e imbrattato, sembrava Gesù sul calvario.
«Sono rovinato!». Armindo c’aveva un groppo in gola.
 
Un paio di giorni prima, al piano di sotto:
«C’hai le chiavi della cantina, Armindo?
«Che ci devi fare, Rita?»
«M’è saltata la corrente due volte sta settimana, e mio figlio s’è portato le chiavi dell’armadio
dei contatori»
Armindo che sfilava le chiavi dal mazzo e le dava alla vicina.

 
Armindo ebbe un’illuminazione: Il macellaio era un macellaio per davvero (Ignoravo ce ne fosse uno nello stabile), non come quelli dei film americani. E Rita, quella lì… doveva dire almeno dieci avemaria per farsi perdonare. Doveva scandirle forte e chiaro se voleva guadagnarsi il paradiso.