
Daniele passò il pennello da una mano all’altra, scrutando il muro bianco. Una distesa di vecchi giornali era schierata a protezione di battiscopa e pavimento, la tinta nel secchio sembrava diluita al punto giusto.
Si poggiò su un ginocchio e si sporse verso secchio, le setole affondarono nella vernice e ne uscirono verdi. Un bel verde pastello, lo stesso delle altre tre pareti.
«Ti sei deciso, finalmente.» La voce di Anna arrestò il pennello a una manciata di centimetri dal suo bersaglio. «Dipingi anche l’ultima.»
Daniele si voltò e le sorrise. «Non sono ancora del tutto convinto.»
Lei rise, facendogli vibrare il cuore. «Lo sapevo! Sei sempre il solito.»
Daniele posò il pennello sul bordo del secchio, gocce verdi punteggiarono il rosa della gazzetta. «Sei stata tu a mettermi questo tarlo, coi tuoi discorsi da designer improvvisata. Ma probabilmente avevi ragione, con una parete bianca è più luminosa.»
«Andiamo, Dani, falla finita.» Anna si mise le mani sui fianchi. «Non è mai stato per quello, e lo sai benissimo.»
No, vero. Non era mai stato per quello. Anna e la sua scaramanzia, avrebbero dipinto l’ultima parete solo dopo aver messo al mondo l’inquilino della cameretta.
Daniele fece per strofinarsi gli occhi ma si fermò. Aveva le dita impiastricciate di verde. Come aveva fatto senza dipingere nemmeno un pezzetto di muro? «Ci penso spesso, sai.»
«A cosa?»
«A quando il dottore ti ha detto che non eri in grado di avere figli. Hai sorriso e alzato le spalle. Avrei dovuto capirlo lì.»
«Dani, per cortesia.» Anna sospirò, alzando gli occhi al soffitto. «Non darti colpe che non hai.»
«Ho una teoria.» Daniele afferrò un foglio di giornale e provò a pulirsi le mani. «Ne ho parlato anche con la psicologa. La vuoi sentire?»
«Non credo sia il caso…»
«La mia teoria è che tanti dei tuoi atteggiamenti, in realtà, erano dei segnali. Delle richieste di aiuto.»
«Dani…» Anna fece un passo avanti.
«Lasciami finire.» Daniele alzò un indice verdognolo. «Anche tutte le cose che lasciavi a metà, questa faccenda della parete che non volevi pitturare. Erano tutti sintomi della depressione. E io avrei dovuto capirlo, così forse avrei potuto aiutarti. Fermarti.» Si morse il labbro. «La mia psicologa non è d’accordo. Tu che ne pensi?»
Anna lo fissò per qualche istante. «Io penso che sia il momento di lasciarti alle spalle questa storia. Penso che tu debba smettere di parlare coi fantasmi e dipingere una volta per tutte quella maledetta parete.»
Daniele strinse gli occhi, per trattenere le lacrime. Quando li riaprì, Anna non c’era più.
Si voltò di nuovo verso il muro bianco, lo osservò per qualche istante. Afferrò il coperchio e tappò il secchio di vernice.
In fin dei conti la stanza era bella così.
Più luminosa.