
La coppa si infranse sul marmo del pavimento con un tintinnio delizioso, il suo contenuto scivolò nell’aria in volute lente. Cairn rise, e lei con lui.
Se doveva giudicare dalla sua relazione con le stoviglie, era senza dubbio figlio suo. Se doveva giudicare dalla quantità di ingredienti che i suoi giochi le avevano fatto sprecare, non erano parenti neanche alla lontana.
Quel pargoletto cresceva a vista d’occhio e insieme all’altezza anche la sua fame di conoscenza. Presto non avrebbe più avuto libri da dargli, lo doveva mandare a scuola, lo sapeva bene, ma a quale?
Giuls scosse la testa, erano mesi che non si dava pace e non riusciva a giungere a una conclusione. Pensiamo a sistemare questo disastro ora.
«Cairn, prendi lo straccio, io raccolgo i cocci, attento a non tagliarti.»
Il bimbetto annuì facendo rimbalzare i bellissimi ricci scuri, glieli invidiava, lei con i suoi spaghetti biondo cenere. Erano stati proprio quei capelli a farglielo scorgere in mezzo alla neve, tanti anni prima. Chiuse gli occhi, lo rivedeva, un fagotto abbandonato in mezzo al bosco. Una stretta al petto, anche a distanza di tempo non riusciva a capire con che crudeltà si poteva abbandonare un bambino a morte certa. Per fortuna che alle streghe le erbe servono sempre ed era uscita nonostante la neve. Gli occhi iniziarono a pizzicarle, il suo bambino, quel piccolo terremoto. Ringraziava ogni giorno Madre Luna di averlo messo sul proprio cammino. Peccato che non fosse la madre naturale, in quel caso non avrebbe avuto dubbi sul futuro di Cairn.
«Mamma! Ti sei imbambolata, di nuovo.» Il piccolo la fissò con il broncio e le braccia sui fianchi, quella peste la stavo imitando.
«Ci sono, ci sono, despota.» Gli fece la linguaccia e si mise davanti a quella che una volta era una delle sue coppe preferite. Addio amica mia, anche tu sei rimasta vittima di Cairn il distruttore. Un respiro profondo e rilassò le spalle, un movimento di dita e immaginò che i cocci si sollevassero in volo, e questi seguirono il filo del pensiero per andare a deporsi nel cesto dei rifiuti poco più in là. Dalla bocca del figlio uscì un piccolo «Ooh,» sorpreso, come tutte le volte che la vedeva compiere magie, dalle più banali alle più scenografiche.
Almeno ora non piangeva più, forse si era rassegnato? O magari nascondeva bene il suo dolore. La magia scorre nelle nostre vene, buon sangue non mente. Il motto di sua madre le risuonò forte in mente, era il suo motto e lo ripeteva ogni volta che una delle sue figlie raggiungeva qualche risultato. Le altre figlie per lo più, lei preferiva una vita riservata, a contatto con la natura, e ora con Cairn.
Prese lo straccio dalle mani del figlio e si mise a pulire le mattonelle, magari poteva diventare un pasticcere in futuro da quanto gli risultava facile combinare pasticci. Guardò il risultato, ma non la convinceva, meglio un’altra passata. Si diresse verso il lavello per sciacquare lo straccio quando un rumore di qualcosa che cadeva la fece girare di scatto. Cairn era a terra.
«Cairn, che succede? Non ti senti bene?» Gli corse incontro e se lo strinse tra le braccia, era bollente. Fino a un momento prima stava bene, non poteva essergli salita la febbre nel giro di pochi minuti.
«Non lo so, pizzica, fa male.» Pizzica?
«Cosa pizzica? Spiegati, tesoro.»
Il piccolo sollevò le mani e mosse le dita, erano scintille quelle? Giuls stropicciò gli occhi, aveva le allucinazioni? Il bimbo mugugnò e mosse di nuovo le dita, no, era più simile a un bagliore, come quello che illuminava le sue quando faceva magie. Era possibile? Si tolse l’elastico dai capelli e lo mise davanti al viso del bimbo.
«Lo conosci l’incantesimo che ho fatto prima? Concentrati su questo e prova a sollevarlo.»
«Ma, mamma.»
«Niente ma, lo so che ti ho detto che non puoi fare magie, ma provaci, solo questa volta.»
Non lo vedeva bene in viso, ma sapeva che aveva messo di nuovo il broncio, non poteva dargli torto. Il suo essere senza magia lo faceva soffrire. Madre Luna, non dargli questa delusione.
I secondi passavano, Cairn continuava a muovere le dita, ma nulla.
«Concentrati, immaginalo nella tua testa.»
Il calore non passava, doveva preparare un bagno caldo, doveva… L’elastico si mosse, lentamente e con fare incerto si sollevò. Ci era riuscito, il suo bambino. Lo strinse forte a sé, iniziò a riempirgli la testa di baci.
«Ce l’hai fatta! Ci sei riuscito!»
«Hai visto, mamma? Sono come te!»
La temperatura iniziò a scemare, un eccesso di potere in lui, non lo avrebbe mai immaginato. Non aveva più dubbi, perché il sangue è famiglia, ma famiglia è anche chi ti accoglie. Cairn si liberò dal suo abbracciò e iniziò a correre per la cucina, saltellava di qua e di là. Era una gioia vederlo così felice, lo avrebbe iscritto alla scuola di magia, gli avrebbe insegnato tutto quello che sapeva. Le stoviglie! Le romperà tutte, ne era sicura. Sospirò, era proprio suo figlio.
(Copertina creata con CHATGPT)