
– Belluca!
– Si, Cavaliere?
– Dov’è il rapporto sulla pratica Ughi?
– Sulla sua scrivania, Cavaliere.
– Mi prendi per il culo? Ho già guardato: non c’è niente.
– L’ho lasciato lì ieri sera, Cavaliere. Sono sicuro che, se cerca bene tra i faldoni…
– Ti ho detto che ho già cercato, pezzo d’asino! Pensi che non sia in grado di guardare sulla mia stessa scrivania?
– No, Cavaliere.
– Benissimo: ora prepara quel dannato rapporto e non azzardarti ad andare via prima di averlo completato.
– Ma… io avrei finito il turno. Mi ci vorranno almeno altre tre ore per completare la pratica.
– Fatti tuoi, Belluca. La prossima volta farai più attenzione.
– Certamente, Cavaliere.
Spalanco la porta. Il porco è dietro la scrivania. Le carte gli scivolano tra le dita grassocce. Il volto cadente si contrae in una smorfia. Alza il braccio, indice teso: è pronto a vomitare insulti. Punto contro di lui il coltello. Impallidisce. La voce gli si strozza in un gemito.
Io sorrido ed entro in ufficio.
– Belluca!
– Si, Cavaliere?
– Hai terminato quei conteggi che ti avevo detto di fare?
– Li ho consegnati in segreteria mezz’ora fa.
– Bene, prendi queste pratiche: le voglio pronte per giovedì.
– Queste sono dell’Ufficio Contabilità, Cavaliere: perché le sta assegnando a me?
– Perché Capurso ha da fare. Ci sono altre priorità.
– Quali priorità? Impedire alla dirigenza di scoprire i disastri che combina tutti i mesi?
– Hai detto qualcosa, Belluca?
– No, Cavaliere.
– Bene. Ora levati di torno e non farti vedere prima di aver finito.
– Certamente, Cavaliere.
Aggiro la scrivania verso sinistra. Il porco scatta in piedi e lui cerca di scappare nella direzione opposta, ma inciampa nella sedia e finisce a terra. Si mette carponi: lo spingo giù con una pedata e lo prendo a calci. Il piede affonda nelle carni flaccide: strappa al porco grugniti e gemiti. Lui mi afferra la caviglia. Calcio via la mano e la schiaccio sotto il tacco. Lui strilla, io rido.
– Belluca!
– Si, Cavaliere?
– Cos’è questa storia che avresti fatto settantadue ore di straordinario questo mese?
– Ho avuto bisogno di fermarmi oltre l’orario d’ufficio per completare quelle pratiche che mi aveva assegnato.
– Sono troppe: te ne elimino quarantacinque, così non rischiamo di sforare con il monte ore mensile.
– Ma, Cavaliere… quelle ore le ho fatte davvero: sono venuto anche nel fine settimana per…
– Stronzate! È colpa tua che ci metti il doppio del tempo anche a fare la cosa più semplice!
– Ma io…
– Basta così! E ringrazia che non elimino anche le altre ventisette!
– Certamente, Cavaliere.
Afferro il colletto della camicia e obbligo il porco a voltarsi. Gli pianto le nocche nel naso, nelle guance, nella bocca. Cartilagini e ossa si spezzano. La pelle si lacera. Due incisivi volano via.
– Bellucaaaa! – Il porco sputacchia sangue e saliva, il volto schifoso ridotto a una maschera deforme. – Belluca, così mi ammazzi!
Gli tappo la bocca e appoggio la lama del coltello sulla gola.
– Certamente, Cavaliere…
– Certamente cosa, Belluca?
– Eh? Oh, niente, Cavaliere: stavo solo… riflettendo su una pratica.
– Torna al lavoro, incapace. Ti pago per lavorare, non per perderti in fantasie.
– Io… certo, come vuole.
– Riflettendo su una pratica… con la faccia che hai fatto, sembravi perso in una fantasia.
– Certamente, Cavaliere.