
Finalista nella 148° Edizione del contest principale dell’Arena di Minuti Contati, un racconto di Filippo Sassi scritto sul tema “L’unica verità duratura è il cambiamento”.
Al primo suono spengo la sveglia: Khadija ha pianto tutta notte e vorrei dormisse ancora. Manca mezzora all’accensione delle luci.
Sulla Terra è il 21 Dicembre. Nell’Europa unita saranno ancora sopra lo zero, mentre qua fuori è sempre tutto gelido. La Terraformazione doveva essere al 20% entro fine secolo: fra due anni entriamo in quello nuovo e non siamo nemmeno a metà del lavoro. Ma ce la faremo, come sempre. Magari fra vent’anni, ma la Specie continuerà il suo cammino.
Infilo i disegni di quando Liang e Marta erano piccoli insieme alle tessere ID.
«Riccardo.» Khadija abbassa le lenzuola.
«Sei sveglia?»
Si siede e prende il blister di vitamine. «Ho sognato il lago del film di ieri.»
«La Terra era piena di posti così. Qualcuno è rimasto.»
Le allungo una tazza d’acqua.
«Non l’hai mai tolto.» Indica la fede.
«Ancora poco e ne avremmo fatti cinquanta.»
Khadija scoppia a piangere.
Le accarezzo i capelli ancora folti. «Atlantis è una stazione all’avanguardia e sarete al sicuro. Dicono che durerà un secolo.»
«Vieni con noi.»
«A che serve un vecchio geologo?»
«Non voglio lasciarti.»
Il portale si chiude alle spalle dell’ultimo Rover. Quando la pressione sarà stabile inizieranno a caricare.
Liang è stato con me tutto il giorno. Gli abbiamo raccontato che i più vecchi andranno dopo ad Atlantis, ma i dieci anni di oggi non sono come quelli di un tempo: sapeva che qualcosa non andava ancora prima di vedere sua nonna in lacrime.
Gli accarezzo i capelli. Sono arrivato su Marte da piccolo e suo padre è l’unico orientale che abbia mai visto. Un ingegnere esemplare: speriamo che su Callisto sforni altri piccoli geni come il mio Liang.
«Nonno, perché non prepari la tua roba?»
Lo bacio sulla fronte. «Passeranno mesi prima che tornino a prenderci.»
«Sette giorni ad andare e cinque a tornare: i Rover vanno veloci, senza carico.»
Lo stringo forte. Sono mesi che penso a questo giorno. È più semplice partire che essere lasciati indietro. Fa così male che è impossibile piangere. Non resta che aggrapparsi alla speranza di un futuro diverso.
Levo lo sguardo. Marta è tornata. Lascia cadere gli zaini termici e il suono metallico rimbomba nella darsena.
«Sei pronta?»
Scuote il capo. «A lui puoi raccontarla, ma non a me.»
Liang si volta verso la sorella. «A me non la raccontano!» Incrocia le braccia.
Manca un’ora alla partenza: non devono litigare. «Marta, basta.»
«Ho tredici anni: abbastanza per gli studi avanzati, ma non per sapere la verità? Anche mamma sta piangendo.»
Dumont si avvicina con passo deciso, facendosi largo tra i civili non ancora imbarcati. Conosco il Colonnello da anni e sono contento che sia lui a gestire le cose.
«Riccardo, ti avranno già spiegato—»
«Vi siete persi un paio di Rover.» Accenno un sorriso.
«Non li hanno mandati.»
«È già tanto che ci sia ancora corrente.»
«Non scherzare, Rik.» Mi sfiora una spalla. «Ogni colonia abbandonata è una ferita per tutta la Specie.»
«Le nuove serre idroponiche daranno il doppio. E su Callisto funzionerà.»
«Siamo amici da tempo.» Abbassa lo sguardo. «Ma non dipende da me…»
«Cosa stai cercando di dirmi?»
«Hanno ridotto i coloni previsti ad Atlantis.»
Peggio di un pugno. «Chi lasciano?»
Dumont mi fissa negli occhi. «Quelli dai settanta in su.»
Il grande monitor della mensa trasmette le immagini della colonna di Rover svanire oltre il cratere.
Nessuno parla. Dovevamo rimanere in cinque, invece siamo più di quaranta: le riserve finiranno prima del nuovo anno. Pochi erano preparati alla fine.
Stringo le spalle di Khadija. Sul tavolo, il Pad trasmette le nostre foto di famiglia.
«Faremo in tempo a chiamarli.»
Mi bacia la mano. «Giuralo.»
«Brinderemo l’anno nuovo con loro. Via Pad, ma ci riusciremo.»
«Dicevi che in cinque avevate appena—»
«Fidati,» le sussurro, «il Colonnello mi lascia attivi i servizi per altri due giorni. Ma non dirlo in giro: sono disperati e molti la faranno finita prima di Natale.»
Khadija deglutisce. «Non parlare così.»
«Abbiamo tutti fatto il nostro tempo.» Ingrandisco i volti di Liang e Marta sul Pad. «Il taglio è quello del padre, ma gli occhi neri sono i tuoi.»
«È così difficile.»
«Andranno avanti, vedrai. Loro hanno avuto due bravi nonni e noi una bella vita.»
«Sono felice di essere con te, alla fine.»
Mi sento più sereno. Crollo in ginocchio e scoppio a piangere.