Omeostasi

Terzo classificato nella 148° Edizione del contest principale dell’Arena di Minuti Contati, un racconto di Gabriele Dolzadelli scritto sul tema “L’unica verità duratura è il cambiamento”.

 
«Chiedimelo ancora» disse lei.
«Dai, non sarebbe meglio fare una pausa?» chiese lui.
«L’ultima, per favore.»
«Va bene, allora: cos’è l’omeostasi?»
Daria chiuse gli occhi e allungò una mano, come per fermare il tempo.
«L’omeostasi è l’attitudine propria degli esseri viventi a conservare le proprie caratteristiche al variare delle condizioni esterne dell’ambiente tramite meccanismi di… Meccanismi di…»
«Autoregolazione» disse Fabio.
«Autoregolazione, sì. La sapevo! Dammi tempo!»
L’uomo annuì senza guardarla. Era troppo preso nel dare la pappa al loro piccolo Edoardo, di nove mesi.
«Dai, amore. Ora riposati un po’ e metti via quei libri.»
Daria si stropicciò un occhio e si versò un bicchiere d’acqua.
«Non posso. L’esame è lunedì.»
«Ho capito, ma se non hai più energie, poi come pensi di… Beh, non vedi che abbiamo altre priorità?»
Il piccolo sbruffò, evitando con un rapido movimento della testa il cucchiaio con il passato di zucchina.
Daria prese una sedia e si sedette accanto al marito. Fabio non la guardò, ma percepì dall’aria magnetica che aveva un’espressione contrariata.
«Priorità?» gli chiese.
Lui strinse la mascella e si sforzò di mantenere il controllo.
«Sì, priorità. Abbiamo la cena da preparare. Simone è in camera e credo non abbia ancora fatto i compiti e…»
«E quindi la mia laurea in biologia non avrebbe nessuna importanza, in mezzo a tutto questo?»
«Non dico questo. Sto solo dicendo che…»
«Ti infastidisce che mi apra a qualcosa di nuovo? Che esca dalla cornice del quadretto? In questa famiglia tutti quanti cambiano. Tu con la tua promozione, Edoardo che cresce, Simone con i grilli dell’adolescenza, mentre io devo stare qui a vivere ogni giorno lo stesso giorno! Ho diritto anch’io di cambiare. Anzi, non puoi impedire che lo faccia.»
«Infatti sei già cambiata.»
«Allora adattati. Omeostasi
Fabio prese un respiro profondo, si concentrò su quello che stava facendo e riuscì a centrare la bocca del piccolo, seppur sporcando di pappa tutto il ripiano del seggiolone.
Dalla cameretta di Simone si iniziò a sentire della musica.
«Che sta facendo?» chiese alla moglie, cercando di cambiare discorso.
«Ha scoperto le mie vecchie cassette. Almeno lui sperimenta qualcosa di nuovo.»
«Non ricominc… Ok, va bene.» Fabio si alzò in piedi e la invitò a fare lo stesso. Daria, corrucciata, decise di assecondarlo. Lui l’abbracciò. Si tennero stretti per qualche secondo, il tempo di ritrovare la serenità dell’equilibrio.
«Autoregolazione» disse lui.
Lei annuì in silenzio, ma poi scoppiò a ridere. Si diedero un bacio.
«Ma…» quella breve sillaba, pronunciata dal bambino, li fece voltare entrambi. «Ma…Ma…»
«Ha detto mamma?»
«Sì, amore. Dillo ancora! Mamma!»
«Ma… Massimo!»
Il silenzio calò come una mannaia.
«Massimo?» chiese Fabio. «Ma che…»
«Lo ha detto davvero? Non è incredibile?»
«Aspetta, aspetta, aspetta. Chi è Massimo? Non è il nostro vicino?»
«Non lo so, ma che t’importa? Hai visto come lo ha pronunciato bene? Come ha detto le esse? Non ho mai visto una cosa del genere!»
«Ma cosa me ne importa delle esse? Perché avrebbe dovuto dire il suo nome? Proprio di quello che ti fa sempre gli occhi dolci, poi!»
«Tesoro, autoregolazione!»
«Sarebbe questo il cambiamento che volevi?»
Daria prese il bambino in braccio e aprì la porta della cameretta di Simone.
«Simo, potresti dare un’occhiata a tuo fratello, per favore? Io e tuo padre dovremmo parlare.»
 
Simone stava seduto sul letto, osservando Edoardo che picchiava sul pavimento un suo vecchio joystick della Play Station 2. Sbatteva e mordicchiava l’analogico, bagnandolo di saliva.
Fuori, le voci dei suoi genitori erano sempre più alte. Si sovrapponevano ed erano arrivati a scambiarsi parole poco carine.
Perché non poteva restare tutto come un tempo? si chiese. Guardò suo fratello, così ingenuo da sorridere per poco.
«La vita cambia, mio caro. E farà sempre più schifo.»
Simone si avvicinò allo stereo. Infilò una delle vecchie cassette di sua mamma e alzò il volume, così da coprire le voci dei suoi genitori, come spesso faceva quando litigavano. Era sempre più frequente.
Si lasciò cadere sul materasso e si isolò dal resto del mondo. La voce di Vasco coprì quelle fuori dalla camera.
Vado al massimo. Vado a gonfie vele.
«Massimo! Massimo!» ripeté sorridendo Edoardo.