
«Perché non Parigi?» Susanna guarda verso la clinica. Un’infermiera sta spingendo una signora in sedia a rotelle lungo la rampa dell’ingresso. «Parigi è una città perfetta per un viaggio di nozze.»
Sospiro. «Dicesti che Parigi era una scelta banale. Che andavano sempre tutti a Parigi. Per questo hai scelto Barcellona. E ti è piaciuta così tanto che ci siamo tornati altre undici volte.»
«Cosa c’è di bello a Barcellona?» Continua a evitare il mio sguardo.
«Tutto.» Scorro lungo la panchina per avvicinarmi un po’ a lei. Il sole sta tramontando, l’orario di visita è quasi finito. «Ma in particolare ti eri innamorata dei parchi.»
«E come mai?» Finalmente si gira verso di me.
C’è una luce diversa nei suoi occhi azzurri. Sta ricordando qualcosa? Mi avvicino per baciarla.
«Che sta facendo?» Susanna si scansa si colpo.
«Io… scusami.»
«Mantenga la distanza, o chiamo le infermiere.» La luce si è spenta, gli occhi sono tornati a essere due crateri ostili. Non ricorda niente. Sono solo un vecchio che le racconta una strana storia.
«Ti stavo parlando di Barcellona. Se vuoi… se vuoi posso andare avanti.»
Resta in silenzio per qualche secondo. «Continui.»
«Ti piacevano i parchi. Il Parco della Ciutadella era il tuo preferito. Volevi sempre fare un giro in barca nel lago, e una foto sotto al mammuth.»
«Il mammuth?» Solleva un sopracciglio e sorride. Dio, che bella che è.
«Esatto, adoravi la statua del mammuth. Ma lo zoo no, allo zoo non sei mai voluta entrare. Dicevi che gli animali devono vivere liberi. Nessuno dovrebbe invecchiare in una gabbia.»
Mi guarda fisso negli occhi, senza smettere di sorridere. «Questo lo penso anche ora. Nessuno dovrebbe.»
Che frase inopportuna che ho detto. Vorrei riavvolgere tutto.
«Signora Molisani.» Un’infermiera si è avvicinata alla nostra panchina. Si china verso Susanna e accenna un sorriso. «È ora di rientrare.»
Ci siamo. Adesso si alzerà, mi saluterà cordialmente e domattina si sarà scordata tutto. Come ogni giorno.
«Non voglio andare via.» Susanna incrocia le braccia sul petto. «Voglio rimanere con questo signore. Con mio marito.»
Resto a bocca aperta. L’infermiera mi guarda, cerca il mio sostegno.
«Possiamo rimanere qui fuori un altro po’?» Unisco le mani per dare forza alla mia supplica. «La prego, oggi è… è il nostro anniversario.»
«Mi spiace, signor Molisani, ci sono degli orari precisi da rispettare. La signora deve prendere le sue medicine e andare a riposare.»
«Non voglio dormire.» Una lacrima riga il bellissimo viso di Susanna. «Ho paura di dimenticare di nuovo tutto. Di dimenticarmi di noi.»
Mi alzo in piedi e prendo le sue mani fra le mie. «Non preoccuparti amore mio, domani sarò di nuovo qui. E ti racconterò di nuovo tutto da capo. E dopodomani, e i giorni dopo ancora.» Mi chino verso di lei, questa volta non si allontana. Poggio le labbra sulla sua guancia ruvida. «Fino alla fine del tempo.»