
Chiazze di colore in un mare di disperazione in questo racconto di Maurizio Ferrero, quarto classificato nella 126° Edizione del contest principale di Minuti Contati con Sara Bilotti come guest star, scritto sul tema “La finestra sul cortile”.
Quando Luca entrò, Ezio si accorse subito che qualcosa lo turbava.
«Situazione?» gli chiese, poi ricominciò a imbustare la ketamina.
«I giapponesi, su al sessantasette, hanno fatto fuori uno dei pakistani. Credevano li stesse spiando, ma era solo svenuto nell’ascensore. S’era fatto della nostra roba. Un cliente in meno.»
«Uno che se ne va, altri che arrivano. Altro?»
«Evitiamo i piani dal cento in poi. Quelli del palazzo di fronte si stanno divertendo a fare il tiro a segno coi fucili. Hanno una mira di merda, ma ogni tanto il cervello di qualcuno finisce a decorare la parete.»
Ezio alzò lo sguardo, fermando le sue attività. Luca aveva un tono di voce insicuro. Non sembrava fatto, non più del solito. Qualcosa non andava.
«Altro?»
«Al terzo è sparito un bambino. Dicono che siano stati i mutanti del sotterraneo, ma lo sanno tutti che quelli mangiano solo gente già morta. Beh, la maggior parte delle volte. E… ah, niente.»
«C’è altro, Luca?» chiese Ezio con insistenza, sbattendo la pistola sul tavolo.
«Al tredici c’è una nuova inquilina. Una fioraia.»
Ezio strabuzzò gli occhi. «Che?»
«Non so, capo! Ha preso uno dei monolocali e l’ha riempito di vasi pieni di roba verde. Non so da dove cazzo li abbia tirati fuori.»
«Coglione, quel piano è nostro. Com’è che nessuno l’ha mandata via?»
Luca si strinse nelle spalle.
«Sei inutile come un buco del culo sulla fronte. Continua qui, vado a occuparmene di persona» disse Ezio. Senza aspettare risposta abbandonò l’appartamento. Nessuno entrava nel suo territorio senza essere invitato, tantomeno una fioraia. Se i fiori le piacevano così tanto, gliene avrebbe fatti sbocciare un paio addosso. Rossi e umidi.
Percepì un aroma dolce ancor prima di mettere piede nell’appartamento. Era dalla rivolta cyborg del ’47 che non vedeva una pianta dal vivo.
Aprì la porta e i suoi occhi vennero assaliti dall’intenso verde che regnava in ogni angolo del monolocale. L’unica nota di grigio in tutto quello splendore era l’abito indossato da una ragazzina minuta, forse appena maggiorenne, che si stava dedicando all’innaffiatura di un vaso colmo di fiori gialli. Girasoli, forse, pensò Ezio. Li aveva visti in una vecchia foto sulla rete.
Cercò di non mettere in mostra la strana emozione che lo stava attanagliando. Lanciò uno sguardo duro alla ragazza.
«Questo è il mio territorio. Ti do due minuti per levarti dai coglioni, o la tua prossima casa sarà la discarica dietro l’angolo.»
La ragazza smise di innaffiare, lo guardò per un lungo istante, poi appoggiò l’attrezzo. Raccolse delle forbici da un vicino mobile. Istintivamente, Ezio estrasse la pistola e la puntò contro di lei.
«Cazzo credi di fare?»
Lei si avvicinò a un vaso contenente una pianta di rose. Tagliò con cura tre gambi, ognuno con un fiore bellissimo, e si avvicinò a Ezio porgendoglieli. Lui, senza parole, li prese. La fioraia ricominciò a ignorarlo e a occuparsi del suo verde.
Ezio rientrò nell’appartamento con i fiori in mano, trovando Luca ancora indaffarato con la droga
«Sistemato il problema, capo?» gli chiese.
«Spargi la voce. Se qualcuno tocca la fioraia del tredicesimo diventerà concime per le piante.»
Luca fissò il suo capo, incredulo, ma bastò un suo duro sguardo per farlo correre via, pronto a obbedire.
Ezio annusò le rose, pensando che forse in quel mondo c’era ancora posto per qualcosa di buono.