
Rebecca era partita in quarta, aveva dato retta al proprio istinto e si era messa all’opera, senza dar retta a nessuno, sebbene chiunque le dicesse che quell’idea era da folli.
Se ne rese conto quasi immediatamente, e si maledisse da sola per averci anche solo pensato.
Insomma, quale persona sana di mente avrebbe deciso di intraprendere il cammino di Santiago senza il benché minimo allenamento, e per giunta in solitudine?
La colpa era del suo amico Giovanni, che aveva da poco percorso l’intero tragitto e gliene aveva parlato qualche sera prima, mentre erano ad un pub con altri amici.
Rebecca era rimasta così estasiata dal racconto dell’amico, il quale aveva visitato diversi luoghi e conosciuto parecchie persone che, tornata a casa, si era messa a pc e aveva fatto qualche ricerca, scoprendo che avrebbe potuto fare anche solo un tratto di quel percorso. Nel giro di pochi minuti aveva scelto la meta d’inizio e aveva annotato su un post-it lilla tutto l’occorrente per il viaggio. Le avrebbe fatto bene, ne era certa.
Il mattino dopo, mentre girava tra gli scaffali della Decathlon, aveva chiamato Giovanni per dirgli tutto.
«Stai scherzando, vero? A malapena ti alzi dal divano per prendere il telecomando!» aveva riso lui.
«No, parto tra cinque giorni, te l’ho detto! Comunque, lo zaino lo prendo da cinquanta o settanta litri?»
A quel punto Giovanni aveva sospirato e aveva raggiunto Rebecca nel tentativo di dissuaderla da quella malsana idea, salvo poi aiutarla nella scelta del migliore equipaggiamento nel momento in cui si era reso conto che ormai la decisione era stata presa.
«Te ne pentirai» aveva poi sentenziato in tono profetico, non appena erano usciti dal negozio.
E in effetti Rebecca se ne pentì dopo i primi chilometri, quando le due ragazze inglesi che aveva conosciuto la sera prima all’ostello di Villafranca del Bierzo e con cui aveva iniziato il percorso avevano accelerato il passo, dandole appuntamento alla tappa successiva con un “Sorry”.
Se ne pentì non appena i piedi iniziarono a farle male, perché d’altronde non erano abituati alle scarpe da trekking, ma solo a Converse, tacchi e ballerine.
Se ne pentì non appena lo zaino si fece sempre più pesante; forse sarebbe stato meglio procurarsi un e-reader, al posto di portare con sé “Anna Karenina”, per non parlare della pochette contenente i trucchi.
Nel momento in cui iniziò a piovere si arrese e decise di fermarsi a metà della prima tappa, priva di forze.
Chiese indicazioni a degli atletici pellegrini, che le consigliarono un ostello in un piccolo paese a cui si trascinò stremata. Dopo una doccia che non si rivelò per niente rigenerante si rannicchiò nel proprio sacco a pelo, frugò nello zaino alla ricerca del taccuino che aveva portato con sé da utilizzare come diario, che in quel momento tuttavia le sembrava più consono come testamento.
Impugnò la penna e, con uno sbadiglio, iniziò a scrivere.
Giorno 1
Si è rivelata la falsa partenza peggiore di sempre.
Giovanni aveva ragione.
Passo e chiudo.