La strada delle castagne

La ruota del carro si infila nella fanga. Sta venendo scuro e siamo ancora fermi.
Gustavo grugnisce, dà una sferzata all’asino. «Giornata della miseria.»
Non me l’ha perdonata. Vado dietro al carro, pianto le mani sull’asse e comincio a spingere. «Non viene!»
«Affari tuoi!» Frusta ancora l’asino. «Te la sei voluta.»
Per carità, mio fratello c’ha ragione. A quest’ora potevamo essere in città, anziché di ritorno. Pianto i piedi nella fanga, la ruota salta fuori. Meno male. Le piogge sono arrivate prima quest’autunno.
Gustavo si calca il cappello e continua a camminare. «Il vecchio ci mena. Stavolta ci mena proprio.»
«T’ho detto scusa!»
In fondo alla strada si vede la luce di casa. Il luogo dove passerò il resto dei miei giorni, e solo perché continuerò a fare questa vita infame. Ho quattordici anni, devo trovare il coraggio di andarmene. Per me, per Lucia.
«Gustavo» gli chiedo, «sei mai stato innamorato?»
Sputa in terra. «Tu l’hai mica capito. Non c’è tempo per queste cose» Dà una carezza all’asino. «Dovresti darci un taglio, con quella lì.»
«Si chiama Lucia.» Stringo i pugni. «Io ci penso sempre.»
Sghignazza. «E mica ci pensi solamente! Bella deviazione, che ci hai fatto fare.»
«Dovevo vederla.» Posso tenere duro. Questa è la mia strada e mio fratello… lui non può capire ciò che provo. Troppo ligio al dovere. Troppo uguale a nostro padre.
Gustavo si gira verso il carro, sistema la merce che per colpa mia non abbiamo venduto. Biascica a denti stretti. «Almeno ne è valsa la pena?»
«Che ti frega?»
«Senti, non farmi incazzare.» Indica casa nostra. «Qualcosa dovrò pur raccontare al vecchio.»
Nostro padre è là in fondo, sulla soglia. Mani piantate nei fianchi, si starà domandando perché siamo già di ritorno.
Gustavo accarezza ancora la testa dell’asino. «Allora?»
Prendo un respiro. Tanto vale dirglielo. «Io voglio sposarla, Lucia.»
«Non c’abbiamo posto.»
«Ma io non voglio restare qui.»
Un momento di pausa. «Spiegati.»
Lo so, non capirà, ma devo provarci. Se non ci provo con lui, col vecchio non ce la farò. Sforzati, pensa a Lucia.
Al pomeriggio che ho passato con lei nel bosco, tra i castagni. Mentre mio fratello stava sulla strada ad aspettare.
«Gustavo, io non voglio passare la vita così. Sgobbare come un Cristo e poi avanti e indietro, a vendere la roba.»
«Secondo te io mi diverto?»
«Io non sono te.»
«Ah.» Si calca il cappello. «Stronzate. Da qui, mica si va via. Cacciatelo in testa.»
Devo insistere, ora o mai più. «Tu non sai che vuol dire. Sei uguale a papà, duro come un sasso. Me ne andrò con Lucia, che vi piaccia o meno. Farò di tutto, per lei.»
«Tutto?»
«Tutto.»
Sbuffa dal naso, scuote la testa. «Ragazzate.»
«Dici così perché non ce l’hai mai avuto, un amore.»
Mio fratello si rabbuia, stavolta ho esagerato. Mica è colpa sua, se questa vita ci consuma. Siamo lasciati lì, soli come balle di fieno. Io voglio qualcosa di diverso.
Nostro padre ci corre incontro, ha mangiato la foglia. Già lo vedo che sbraita, quel vecchio. Oddio, non so se ce la farò.
«Gustavo» sussurro. «Non dirgli di Lucia.»
«Hai detto che sei disposto a tutto.»
«Non dirglielo. Digli che le guardie non ci hanno fatto passare.»
Schiocca la lingua.
«Ti prego.» Sono ancora nelle mani di mio fratello. Tante belle parole, e poi me la faccio sotto.
Il vecchio arriva, gli occhi fuori dalla testa. «Che è successo?» Vede i sacchi sul carro. «Che è successo?»
Gustavo mi indica. «Ha voluto prendere la strada delle castagne.»
Ma che…?
«Quando siamo arrivati alle porte, era tardi. Non ci hanno fatto entrare.»
Gustavo rimane lì e non mi guarda. Maledetto. Maledetto, male—
Mio padre mi molla uno schiaffo. In faccia, dato con tutta la forza che ha. Perdo l’equilibrio, rotolo in mezzo alla fanga.
«Cane d’un figlio!» Mi tira un manrovescio, mi centra l’orecchio e parte un fischio.
«No!» mi copro, ma è inutile.
Un altro, e poi un altro, non so più da dove mi arrivano.
Mio padre urla e piange assieme. «Cane!»
«Scusa! Scusa!»
E poi si ferma, perché non c’è più niente da pestare. Si tira in piedi, s’asciuga le lacrime e la bava, si netta i calzoni. Ansima.
E Gustavo rimane lì, a guardare oltre. Verso casa. Ci giurerei che se la sta ridendo. Si è preso la rivincita. Perché gli ho detto che è un uomo solo, perché ha visto la verità. Quando lo lascerò, non avrò rimorsi.
Il vecchio mi punta il dito: «Dovrei farti dormire fuori, col freddo che c’è stanotte.» Sputa in terra. «Domani vi mettete in marcia, e stavolta fate la strada giusta. O giuro su Dio—»
«No.» Gustavo ha la voce calma, mi guarda finalmente. «Quell’impiastro. Con me non ce lo voglio.»
Mio padre è preso alla sprovvista. Io sono preso alla sprovvista.
Gustavo gli si avvicina. «Vieni con me, papà. Tu frusti il mulo e io spingo il carro. Come una volta.»
«E il ragazzo?»
«Il ragazzo non è buono, t’ho detto. E tu, senti un po’.» Mi tiene gli occhi addosso. «Non volevi andare per castagne?»
E forse ho sbagliato tutto, su Gustavo.
«E allora domani vai per castagne.»
Lucia.
Il vecchio annuisce, perché ha un figlio di polso.
Lucia.
E per un attimo, Gustavo mi sorride.