Lontano da qui

Un paese senza storie è un paese senza futuro. Terzo classificato nella 123° Edizione di Minuti Contati con il team di Fantascientificast come guest star, un racconto di Maria Rosaria Del Ciello.

 
La traiettoria che i miei occhi seguivano da giorni era la stessa: grosso, moro, il sedere guizzante sopra le cosce marmoree e una cascata di capelli corvini che lambiva appena la nuca. Era lui, il principe dei miei sogni luridi e ricorrenti, quelli in cui io pulzella di belle speranze si concedeva a lui, negli anfratti più bui della foresta.
Ora, desta e un po’ mesta, volevo conquistare quel tomo che di nessun’occhiata mi degnava da tempo.
Le pelli cascanti, il grigio della capigliatura e una certa secchezza degli orifizi mi rendevano una preda scartata, un rifiuto delle mire mascoline.
Ecco perché decisi di giocare a carte molto coperte e battermi con qualsiasi mezzo pur di avere il suo amore: ad esempio la magia…

 
«E questa che roba è?» chiese l’uomo calvo al di là della scrivania.
«È un incipit» risposi io.
«Un che?» l’altro si sporse verso di me con fare minaccioso.
Alzai gli occhi al cielo. Sapevo che stava fingendo. «L’inizio di un racconto. È inutile che fai il vago.»
«Lo sai bene che non è permesso» ora il tono era dimesso e anche il volto aveva abbandonato il ghigno di prima.
«Sì, lo so. Ma pensavo tu potessi…»
«Lascia stare. Non le faccio più certe cose.»
«E dai, solo uno. Un solo racconto. Per favore.»
«Non sto più nel giro da tempo. E poi se mi scoprono sai che fine facciamo?»
«Ma chissenefrega» sbottai. «Sempre meglio che marcire in questo buco di paese, senza più possibilità di scrivere e, peggio ancora, leggere qualcosa.»
«Lo sai bene cosa dice la legge.»
«Sì, sì, lo so. Le leggi sono l’unica cosa scritta che abbiamo possibilità di leggere e rispettare. Ma io mi sono rotto. Non era quello che volevamo da questo governo. Volevamo diritti, non regole.»
«Meglio che ti rassegni. Non credo ci sia modo di tornare indietro.»
«Ti prego, fai un’eccezione. C’era quel giornale, tempo fa, so che qualcosa l’hai pubblicata e le copie sono state distribuite, in segreto, ma meglio di niente.»
«È stato tanto tempo fa. Le cose sono cambiate. Ho una certa età, non mi va di rischiare, non insistere.»
 
Uscii, nel buio della sera. All’orizzonte potevo vedere il confine oltre il quale le mie idee non sarebbero state considerate eresie e reato. Ma oltrepassare quella linea era quanto di più difficoltoso c’era in quel momento. Sapevo di trappole mortali e segrete che erano state poste per impedire a quelli che come me, e come chissà quanti altri, si sarebbero stufati un giorno dello stato delle cose. Nessuno finora aveva avuto il coraggio di varcare quel limite.
Alzai gli occhi a scrutare il cielo; la luce delle stelle brillava e mi domandai se fossero solo pianeti che brillavano di luce riflessa o se, peggio ancora, quegli astri non fossero più vivi ma già spenti da anni. Un po’ come stava accadendo a me.
Spostai lo sguardo sulla terraferma. Lontano da dove mi trovavo arrivavano dei bagliori. Mi incamminai, incurante del pericolo. Pensai che quelle luci laggiù, oltre i campi arati e oltre le nostre terre, erano il segno di qualcosa di ancora vivo.
Forse, lontano da qui, c’era ancora chi poteva considerarsi un uomo libero. E, forse, valeva la pena rischiare.