
Attraverso il salone in punta di piedi, il silenzio delle sei del mattino amplifica ogni scricchiolio. Almeno sono riuscito a non svegliare Sonia.
Mi trascino in cucina. Ho decisamente bisogno di un caffè, se non due.
Come un automa prendo una cialda, la inserisco nella macchinetta e mi perdo a fissare le volate di fumo che si alzano dalla tazzina bollente.
Al diavolo, facciamo iniziare questa giornata.
Prendo la tazzina e un pacco di biscotti e comincio la mia quotidiana caccia al telecomando. Ci fosse una sera che Sonia lo rimette al suo posto.
Eccolo! Ma come ci è finito lì sotto? Mi inginocchio per prenderlo, allungo la mano e ovviamente faccio un disastro. La tazzina, già in precario equilibrio, mi cade e si infrange a terra, ricoprendo di caffè il pavimento. Sibilo una bestemmia, proprio non è giornata.
Continuando a imprecare tra i denti, torno alla macchinetta. A pulire ci penserò poi.
Fatto il secondo caffè, torno in salone. Appoggio la colazione sul tavolino, mi lascio cadere sul divano e accendo il notiziario. Finalmente riesco a rilassarmi per qualche secondo.
Mentre sgranocchio un biscotto, un familiare scalpiccio attira la mia attenzione. Deve averla svegliata il bordello che ho fatto prima.
«Angioletto, cosa ci fai sveglia?»
In tutta risposta, Erika alza le braccia verso di me. La tiro su e la siedo sulle mie ginocchia.
«Ti ha svegliato il rumore?»
«Sì!» Annuisce vigorosamente.
«Questo papà monello ha rotto un’altra tazzina. Adesso non andare in cucina che ti tagli tutti i piedini.»
Lei sorride, si indica i piedi con aria compiaciuta e li alza per farmeli vedere meglio.
«Addirittura le ciabattine stamattina? Vorrai mica fare piovere?»
«Nooo, pioggia no!»
«Molto bene, allora meglio toglierle e tornare a nanna, che papà deve andare a lavorare.»
Mi mette il broncio.
«Nanna no.» Incrocia le braccia.
«Nanna sì! Non c’è ancora neanche il sole.»
«Nanna no. Na-na-no.» Quella cantilena sembra divertirla, perché si cala giù dalle mie ginocchia e comincia a girare in tondo ripetendola a mo’ di filastrocca «Na-na-no. Na-na-no.»
Mi faccio scappare un risolino, lei se ne accorge e alza ancora di più la voce.
«Andiamo pagliaccetto, che la mamma dorme ancora e papà farà tardi.»
Mi alzo anche io, lei caccia un gridolino e comincia a correre per il salone. Mi arrendo all’ennesima acchiapparella.
«Guarda che ti prendo!» Cavolo sto urlando anche io, spero di non aver svegliato Sonia.
Erika corre verso la cameretta. Perfetto, una volta lì rimetterla a letto sarà più facile.
«Arrivo ad acchiapparti!»
Lei si rintana dietro la porta. Con un guizzo la prendo in braccio e me la stringo al petto.
«Adesso è proprio ora della nanna.»
Lei sgrana gli occhi e le si inondano di lacrimoni. Si aggrappa con le manine alla mia felpa.
«Nanna no. Papà sì» E ci affonda anche il naso umido.
«Angioletto vorrei tanto stare qui con te, lo sai. Ma adesso devi proprio lasciarmi andare, devo andare a lavorare.»
Tira su col naso ma sembra capire, allenta la presa e si fa adagiare nel lettino.
Chiude gli occhietti e in pochi secondi scivola tra le braccia di Morfeo. Mi prendo qualche secondo per osservarla: è così bella quando dorme. Proprio come sua madre.
Sbadiglio, la piccola Erika non è l’unica ad avere sonno. Appoggio la testa sul cuscino, accanto alla sua.
Solo cinque minuti. Cinque minuti, poi mi vesto e vado a lavorare.
«Gigi, svegliati. È tardissimo!» La voce di Sonia mi riscuote.
«Erika!!» Mi tirò su di colpo. Incrocio i suoi occhi e si riempiono di lacrime.
Sono ancora sul divano. Il caffè, freddo, sul tavolino.
«Amore mio» Sonia mi prende le mani e me le stringe forte «Lo so che è dura, ma devi lasciarla andare.»