
Venerdì, ore 21.59
La stretta al collo era d’acciaio.
Valeria lottò per strapparsi di dosso le dita crudeli che la stavano soffocando.
La penombra della camera da letto virava alla tenebra assoluta.
«Ma. le. Detto» rantolò, opponendo le ultime forze alla ferocia dell’aggressione.
Sei stato furbo, pensò, mentre la lucidità si spegneva come una candela troppo corta. Ti sei nascosto nell’unico posto in cui non avrei mai cercato.
Boccheggiò di terrore, affamata d’aria, e si abbandonò sul letto.
Puoi sentirmi? Ti odierò per l’eternità, amore mio!
L’anello nuziale gli sfuggì dal palmo della mano.
La vita scivolò via e la coscienza si dissolse nel nulla infinito.
Giovedì, ore 13.25
Un rumore in cucina. Valeria si guardò intorno. Niente era fuori posto. «Lo so che ci sei.» Toccò ogni oggetto, ogni superficie, in cerca di tracce, di minuscoli segni.
Passò nel suo studio. La finestra era socchiusa, la brezza marina scherzava con la tenda blu. Prese uno dei suoi libri, lo annusò, lo soppesò. Niente.
Una porta sbatté in salotto. Valeria vi si diresse e non notò altri movimenti. Lui era vicino, lo sapeva. Si era nascosto bene, stava giocando con lei.
Dove sei?
Avrebbe fatto in modo che se ne andasse, dopo quello che era successo. Gli avrebbe comunicato tutto l’odio del mondo. Damiano avrebbe capito che la loro casa non era più la sua casa.
Scese nello scantinato. Damiano era rimasto seduto dove lo aveva lasciato. Si accosciò al livello della sua faccia. «Credi di farmi paura, mmh?» Gli sfilò la fede dal dito e se la portò via, sperando che potesse servire da esca.
Un altro rumore, da qualche altra parte.
Continuava a giocare con lei, ma ancora per poco.
Lunedì, ore 19.16
«Non ne posso più, Damiano!» esclamò Valeria; il cuore gli pompava collera nelle vene.
Lui era appena tornato da chissà quali bagordi e appariva stravolto.
«Sei stato con lei, vero?»
Damiano si ravviò i capelli con un gesto nervoso. «Posso spiegarti.»
«Lo so già. Non sapevi come liberarti di lei e l’hai uccisa. La sua anima me l’ha raccontato.»
Lui si irrigidì e mutò atteggiamento. «Ecco cosa mi spaventa di te. Mi sono sforzato di scendere a patti con questo, ma non ci sono riuscito.»
Le lacrime le inondarono gli occhi. «Mi hai tradito. Hai ucciso una ragazza innocente. La sua voce mi tormenta. Non ce la faccio più!»
«Dannazione» fece lui. «Adesso dovrò occuparmi anche di te.»
La sua sanità mentale si sgretolò come un torre demolita dal terremoto. Gli si scagliò contro e Damiano la abbrancò, poi la spinse contro il tavolo della cucina e le strinse le mani al collo. Valeria si dimenò ma lui era più forte. Con la mano esplorò il piano e trovò un oggetto solido, il posacenere di vetro. Con un gesto repentino glielo abbatté sulla testa. Damiano sbuffò di stupore e si afflosciò sul pavimento.
Valeria riprese fiato. La mente era teatro di una guerriglia di emozioni. Si massaggiò il collo dolorante, quindi prese la decisione.
Trascinò il corpo nello scantinato. Fu allora che percepì ancora la sua presenza.
Io ti ucciderò.