
Gli spezzai la gabbia toracica tirando con le braccia in direzioni opposte, ed estrassi il prezioso contenuto. Appoggiai polmoni e cuore sul tavolo, mentre le costole spezzate le misi in una ciotola, insieme a un po’ del suo sangue. Congiunsi le mani e chiusi gli occhi per qualche secondo. Si udì il gemito di una donna dall’altra stanza. Presi in mano il bisturi e, con delicatezza, incisi il cuore, che sembrava ancora pulsare sotto la lama. Mi tolsi il rosario dal collo, estraendolo da sotto il camice, contai i grani uno a uno, solidi e reali, dopodiché lo inserii nella piccola apertura longitudinale creata dall’incisione. Presi ago e filo e richiusi il tutto.
Grazie Signore
Per la tua carità
E la tua bontà.
Magnanimo il tuo cuore,
ma intransigente e puro,
esige un sacrificio.
Fammi tuo servo
Ora e in eterno.
Amen.
Accesi il fornello e misi una sbarra di metallo cilindrica a scaldare su di esso. Presi un polmone con le mani strette a coppa, e ne strappai a morsi un pezzo. Masticai, ingoiai e continuai a mangiare fino a che non ebbi finito anche il secondo polmone. Poi, con la ciotola colma di sangue in una mano e nell’altra la sbarra di metallo, andai in camera della donna, che mi guardò e spalancò la bocca, senza riuscire a gridare.
In città i dottori si prendevano cura solo di chi era in regola. Per le altre c’ero io. Mi chiamavano dottore solo perché avevo un camice. Ero la loro unica speranza e riponevano in me ogni briciolo di fiducia; non potevano fare altrimenti. Io le guardavo e sapevo che dovevo essere il braccio purificatore del Signore
Misi la ciotola per terra, ci immersi l’indice, poi usai il dito per tracciare sulla fronte della donna il marchio del Signore. Con la sbarra ardente incisi il suo sesso, lasciandole una cicatrice a forma di croce e l’impossibilità di fare figli. Prima del rito le avevo reciso la lingua così che non potesse urlare. Né raccontare a nessuno cosa le era successo.
Andai in cucina e ripulii i miei attrezzi con cura, che poi aspersi con acqua santa. Mentre uscivo di casa guardai la donna legata al letto, svenuta per il dolore e immersa in una pozza di sangue. Al centro della pozza si vedeva ancora il cordone ombelicale che avevo reciso dopo il parto. Quando mi chiusi la porta alle spalle non potei fare a meno di sorridere